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 2017  agosto 17 Giovedì calendario

Ciak in laguna

In quel caravanserraglio del turismo di massa che è Venezia, con la sua sfacciata, delicatissima bellezza sfregiata da orde di vacanzieri che sciamano lungo le calli, invadenti come cavallette, ha fatto la sua irruzione l’inossidabile, sempiterno Clint Eastwood. Con una troupe italo-americana assordante, con 350 comparse armate di zainetti e trolley, con decine di arcigni bodyguard degni del film Gli spietati, con uno stuolo di segretarie di scena che si agitano istericamente. Ma soprattutto con una sceneggiatura che è come uno zolfanello in un deposito di dinamite a due settimane dalla Mostra del Cinema, in una delle città al centro del mirino del terrorismo internazionale e nel cuore delle polemiche per l’invasione cafona dei nuovi barbari della fruizione mordi-e-fuggi delle bellezze artistiche.
“The 15:17 to Paris”, la storia vera di un attentatore, un treno e di tre eroi americani, racconta la strage fallita a colpi di kalashnikov su un convoglio passeggeri. Il 21 agosto 2015, tre ragazzoni impedirono a un marocchino di compiere una carneficina. Non lo avessero disarmato, chissà quanti morti avrebbe fatto con i nove caricatori che si portava appresso. All’età di 87 anni, a differenza di tanti vecchi, Eastwood non passa il tempo ai giardinetti, ma sforna un film ogni due anni. E siccome ama le storie dei buoni che stendono i cattivi o l’epopea degli eroi a stelle e strisce, non si è fatto pregare, scritturando l’aviatore di prima classe Spencer Stone, lo specialista della Guardia Nazionale Alex Skarlatos e lo studente Anthony Sadler loro amico. Per immergerli, da attori, nella loro stessa parte.
Venezia è un set vivente, da sempre. Dove trovate un’altra città i cui canali sono solcati da navi da crociera alte come grattacieli? O dove due uomini vengono fotografati mentre si accoppiano su un pontile? O dove lo sport preferito dei foresti è quello di gettarsi nell’acqua infestata da pantegane? A Venezia non sai mai se la verità è quella che appare, o quella che vuole apparire (magari su Facebook), tanto la cornice storico-propagandistica è ridondante rispetto al quadro. È per questo che un set di mister Clint genera uno strano gioco di specchi. Sui gradini della stazione ferroviaria di Santa Lucia non capisci chi sia l’attore e chi il turista in carne e ossa, se sia il film in gestazione a vivere di vita propria o se lo spettacolo vero sia quello di chi fotografa la genesi della scena in digitale. Se sia più importante Palazzo Ducale o un ghigno di Eastwood, che ricorda, anche 50 anni dopo, quello dell’uomo senza nome che sparava con precisione glaciale.
Venezia è capace di sopportare anche questo, vien da pensare, abituata com’è alle luci della ribalta. Ma la Mostra del Cinema è evento diluito nei luoghi e nello spazio. La Biennale d’Arte è happening per intenditori che fa meno danni dei flussi senza numero chiuso che scaricano in Laguna centinaia di migliaia di persone. Il set itinerante si presta, invece, a mille insidie. Perché in tre giorni occuperà Rialto, San Marco, il Canal Grande e la Giudecca.
I veneziani, com’è loro costume, brontolano per i disagi (“Cossa ghe xe, il film? Ti morti can!”). E la preoccupazione serpeggia. “Attenti, teniamo basso il profilo” avverte uno dei guru della produzione del film in Italia. “Questi tre ragazzi hanno bloccato un terrorista, fosse mai che qualcuno cerchi di riprendersi il palcoscenico dell’orrore”. Il posto sarebbe perfetto. “Non vedo un poliziotto, dove sono i controlli dei cestini?”, domanda preoccupato di buon mattino un veneziano che lavora all’ambasciata italiana di New York ed è tornato a casa per le vacanze. “Non ci sono capi di Stato e nemmeno il papa. Tranquilli, la vigilanza è adeguata alla situazione”, gli fa eco uno dei responsabili della sicurezza pubblica. L’accordo con la Warner Bros è preciso: una trentina i vigilanti privati, altrettanti tra poliziotti e carabinieri. In stazione i militari con il mitra. Tra la folla agenti in borghese. Le motovedette e i droni annunciati dal questore possono aspettare la prossima Mostra. E quattro vigili urbani dirigono il traffico umano. Quanto costa il baraccone? Top secret. Un cameriere disoccupato di Marghera si consola: “Mi danno 86 euro per un giorno da comparsa: fanno sempre comodo”.
Come in tutti i film d’azione, c’è anche il depistaggio. Gli organizzatori hanno messo in giro la voce che a recitare non sono i tre eroi, ma alcuni sosia. Forse per evitare che diventino un facile obiettivo. Ma sono smascherati dalle foto. Gli interessati, a domanda rispondono: “Sì, siamo noi ad aver steso il terrorista. Da allora è cominciata una nuova vita. E abbiamo un nuovo lavoro. Questa è la prima volta”. Poi afferrano le valigie e scendono verso il Canal Grande. Ciak, si gira. Sono dei ventenni al loro primo viaggio in Europa.
Dopo l’Italia, la Germania e il Belgio. Vogliono solo divertirsi e non sanno ancora che stanno per diventare degli eroi. Ma se arriva un malintenzionato ci penseranno loro a sistemarlo, con qualche sganassone. Sono o non sono, “la parte migliore dell’America”, come li ha definiti l’allora presidente Obama?