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 2017  agosto 17 Giovedì calendario

Cerco l’hotel, trovo l’escort sordomuta che offre “seks”

Voglio andare a visitare l’hotel Bukovina, dove sono stato cinque anni fa per una sola notte, durante la puntata a Cernivci dalla Romania, quando mi trovavo a Iasi per un servizio sui call center gestiti da italiani. Quelli da cui riceviamo proposte di abbonamento a operatori telefonici in un elementare italiano con accento dell’Est. Una Oana che si presenta come Mirella Bruni da Verona…
L’hotel Bukovina non è lontano da dove abito, ma non so esattamente quale strada devo prendere per arrivarci. Non vedo in giro nessuno a cui chiedere. È tardi. Buio. Sono stanco… Cernivci è male illuminata. Tre, quattro ragazze fumano in silenzio poco distante da me, appoggiate al muro, sul marciapiede. Provo a chiedere a loro che direzione devo prendere per l’hotel Bukovina… Iniziano ad agitarsi e gesticolare. Una di loro tira fuori un foglietto. Scritto a mano in russo. Me lo dà. Aspettano tutte in silenzio che legga.
Minet – 200 grn.
Seks 1 ras – 400 grn.
Seks 1 cas – 600 grn.
Seks 2 cas – 1200 grn.
Do utra – 2000 grn.
È un tariffario in russo: pompino 200 grivne (12,5 euro), sesso una volta 400 grivne (25 euro), sesso un’ora 600 grivne (37,5 euro), sesso 2 ore 1200 grivne (75 euro), sesso fino alla mattina 2.000 grivne (125 euro). Minet è un francesismo. Deriva da minet che vuol dire fica. Tanto che i francesi hanno tradotto la parodia di partito berlusconiana Forza gnocca con Allez minet. Spostandosi verso l’oriente slavo, il termine minet ha assunto un significato diverso, non più di una parte del corpo, ma di una pratica sessuale.
Le prostitute di Cernivci non parlano. Gesticolano. Si agitano sempre di più, si calmano. Spiego che voglio solo trovare l’hotel Bukovina… Si agitano ancora, si scambiano sguardi. Una di loro scandisce gutturalmente: Bukovììììììna, Bukovììììììna. Un urlo strozzato e struggente che risuona nella via deserta, nella calda notte ucraina. Iniziano a sbracciarsi per indicarmi la via. Sono sordomute. Bukovììììììna, Bukovììììììna, ripete la prostituta indicandomi la strada.
Riesco ad arrivare all’hotel. Rinnovato e ingentilito da quando c’ero stato io nel 2009, con vasi di fiori rossi alle finestre. La città si è data una sistemata per l’anniversario della fondazione. Chiedo il prezzo delle camere. Una notte costa come una notte nell’appartamento dove abito. Ho già pagato tre giorni e il Bukovina è fuori mano, se consideriamo che Cernivci è una cittadina. Si trova nella direzione di quella che Gregor Von Rezzori – scrittore di lingua tedesca – chiamava “via dei villini”, la strada dove ci sono case d’epoca del periodo asburgico e rumeno. Solo la villa di Von Rezzori è stata distrutta per fare posto a una palazzina sovietica. Le altre sono sopravvissute a tutto. Qui, insieme a Cassandra, la balia dei Carpazi che lo ha tirato su, ha visto da bambino sfilare i soldati rumeni dopo la dissoluzione dell’impero asburgico. Cammino nella “via dei villini”, che sono a volte villoni, e ora si chiama via Fed’kovic: l’hanno intitolata a uno scrittore ucraino, sconosciuto fuori dai confini nazionali. Niente vieta che cambi nome, che diventi via Von Rezzori.
In questa città di confine Von Rezzori ha ambientato molti libri: da Tracce nella neve a Memorie di un antisemita, solo per citarne un paio. E alcune vie della zona sono state da poco dedicate ai caduti di Majdan. Pubblicato da Guanda, apprezzato da critici come Magris, Von Rezzori gode di una certa fama in Italia. A Firenze si celebra in suo nome un premio letterario. Ha passato in Toscana l’ultimo periodo della sua vita, dopo il matrimonio con la baronessa Beatrice Monti della Corte. Era un bell’uomo, ha recitato in alcuni film, un incrocio tra Robert Redford e Robert Musil. A Cernivci dove è nato – allora impero austro-ungarico – è meno popolare.
Tra fregi leziosi e sbiaditi, tetti spioventi e fiabeschi e bassi muriccioli sbrecciati, nella “via dei villini” si percepisce l’atmosfera di un lusso lontano e sfiorito, un po’ come nel quartiere Amalienau di Kaliningrad. Vecchie Lada color cachi si godono la pensione sulla strada. Diverse ville sono state ristrutturate, con i suv parcheggiati in cortile dietro ai cancelli di ferro battuto riverniciati di fresco e non abbandonati a enormi ragni come altri.
All’hotel Bukovina c’è una vetrinetta dove sono in mostra souvenir. Magneti da frigo con l’università che una volta era la sede del metropolita della Bukovina e fa parte del patrimonio Unesco. Torno in strada. Di fronte a me, ai limiti del park Kultury immerso nell’oscurità, ci sono cani randagi. Mi guardano inquieti. Sono di taglia media e piccola. Bastardini. Incutono un certo timore perché sono un branco. Abbaiano contro di me. Si danno sicurezza a vicenda. Tiro dritto e spariscono nel parco davanti all’hotel Bukovina e intitolato a Taras Ševcenko.
Sono di nuovo dalle prostitute sordomute. Dico che ho trovato l’hotel Bukovina. Le ringrazio per avermi indicato la strada. Cerco di sapere qualcosa in più di loro. Mi raccontano, tra gesti, annotazioni su un foglio, e tentativi di parlare, che vengono da villaggi vicino a Cernivci. Non sono più giovanissime, non sono certo delle bellezze. Chiedo loro di vendermi il tariffario. Iniziano tutte ad agitarsi di nuovo, si guardano e si toccano la tempie per dire che sono matto. Una di loro interrompe quel gesto di stupore, apre la borsa e tira fuori un tariffario che sembra scritto con il lucidalabbra. In realtà pennarello rosso e verde. Ordinato e in caratteri molto grandi come un quaderno delle scuole elementari. Le passo 50 grivne. Circa 3 euro. Guarda soddisfatta la banconota. Tutte ridono.