Corriere della Sera, 17 agosto 2017
L’attacco «prussiano» alla manovra vincente di Mario Draghi
In fondo è una situazione identica a quella del Principe di Homburg, quella in cui si è venuto a trovare Mario Draghi. Il presidente della Bce è accusato dalla Corte costituzionale tedesca di aver violato la terzietà della Banca centrale europea con il suo «quantitative easing», gli stimoli economici che avrebbero così incoraggiato l’ulteriore indebitamento dei Paesi meno virtuosi, in primis l’Italia.
Nel dramma di Heinrich von Kleist, il giovane Principe disobbedisce agli ordini e vince la battaglia lanciando anzitempo la cavalleria all’attacco, ma suo zio l’Elettore del Brandeburgo non può tollerare l’insubordinazione e lo fa arrestare e condannare a morte.
Anche Mario Draghi, disobbedendo agli ordini di battaglia (il dogma dell’austerità finanziaria svincolato da ogni considerazione empirica) ha lanciato la cavalleria (gli acquisti massicci di titoli di Stato) e vinto la battaglia (il salvataggio dell’euro). Ma agli occhi dei giudici di Francoforte, nell’eterno rovello tra l’obbedienza agli ordini e l’azione giusta, il primato spetta sempre alla prima, al rispetto incondizionato delle regole. Anche se questo, com’è del caso, avrebbe comportato una catastrofe finanziaria di dimensioni planetarie.
Non sappiamo come finirà, come deciderà la Corte di giustizia della Ue. Ci piace solo pensare che, come nel Principe di Homburg, dove il protagonista alla fine si risveglia e l’intera vicenda si rivela un sogno, anche per Mario Draghi la contestazione prussiana abbia soltanto una dimensione onirica e i giudici del Lussemburgo riconoscano il suo ruolo di salvatore dell’euro, che è come dire dell’Europa e quindi anche della Germania.