Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 17 Giovedì calendario

Riccardo Gatti, capo dell’Ong spagnola Proactiva sequestrata a Ferragosto: «Minacciati dai guardacoste libici. Volevano spararci, sono come pirati»

«A un certo punto hanno iniziato a dirci che dovevamo seguirli a Tripoli altrimenti ci avrebbero sparato. Abbiamo dovuto eseguire l’ordine. Andavamo però piano e loro minacciavano di spararci se non avessimo aumentato la velocità. Abbiamo risposto che stavamo chiamando le navi militari della Nato per chiedere protezione». Il botta e risposta via radio, avvenuto nel tardo pomeriggio del giorno di Ferragosto a 27 miglia al largo della Libia, ha avuto per protagonisti la nave «Golfo azzurro» della Ong spagnola Proactiva Open Arms, e l’equipaggio di una motovedetta della Guardia costiera libica. Questo è il racconto di Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni in mare della Ong spagnola, che ha condotto la trattativa.
Come è andata?
«Stavamo facendo addestramento in mare. Vicino a noi a un miglio e mezzo c’era la nave della C-Star (l’imbarcazione anti-migranti di Defend Europe, ndr). A un certo punto abbiamo visto che a loro si avvicinava una pattuglia della guardia costiera di Tripoli. I libici sono stati qualche minuto dalla C-Star e poi si sono diretti verso di noi. Hanno iniziato a chiederci se avevamo l’autorizzazione a rimanere nella zona; noi abbiamo detto che non siamo obbligati. Loro ci hanno risposto che invece sì, che loro sono l’autorità e perciò dovevamo avere un’autorizzazione del governo libico. Hanno iniziato a minacciarci che dovevamo seguirli a Tripoli, sennò ci avrebbero sparato. Noi abbiamo iniziato a dire che ci mettevamo in contatto con la guardia costiera italiana, visto che noi siamo coordinati da Roma. I libici ci hanno detto che a loro non interessava ciò che dicevamo e chi stavamo chiamando».
Siete rimasti lì senza potervi muovere per quanto tempo?
«É durato tutto un paio di ore da quando ci hanno detto di fare rotta verso Sud, verso Tripoli, fino a quando invece ci hanno obbligato ad andare a Nord».
Come si è sbloccata la situazione?
«Tutti i loro messaggi erano conditi dalla minaccia che ci avrebbero sparato. Iniziarono a dirci che volevano salire a bordo e di preparare la scaletta. Abbiamo risposto che non potevano salire a bordo e che stavano facendo qualcosa di illegale, ripetendo questo messaggio diverse volte e aggiungendo che eravamo nella legalità, eravamo coordinati e stavamo informando la guardia costiera italiana e l’operazione Sophia di Eunavformed. Quando abbiamo dovuto seguirli, eravamo abbastanza lenti e loro ci minacciavano di spararci se non avessimo accelerato. Abbiamo risposto che stavamo chiamando la Nato per chiedere protezione. A questo punto ci sono stati dieci minuti di silenzio radio, poi ci hanno richiamato minacciandoci che dovevamo dirigerci a Nord e non tornare mai più, e se ci avessero visto tornare ci avrebbero sparato e ammazzato. Ci hanno seguito per 20 minuti e poi ci hanno lasciati andare. Dietro di loro c’era la nave della C-Star che ci ha seguito ancora per un bel po’. Io credo che la C-Star sia coinvolta perché a loro non é stato chiesto assolutamente niente, non hanno avuto nessun problema; appena abbiamo fatto rotta a Nord, la C-Star ci ha contattato via radio ma con loro non abbiamo parlato. C’è qualcosa di molto machiavellico in tutto questo. Quello della guardia costiera di Tripoli è stato un atto di pirateria, se così si può chiamare, un sequestro in tutta regola perché abbiamo potuto fare solo ciò che dicevano, cioè seguirli sotto minaccia delle armi».
È il secondo episodio in pochi giorni: la scorsa settimana gli spari contro l’altra vostra nave. Ce l’hanno con voi?
«Non crediamo ce l’abbiano con noi, è un caso. Stavolta c’era di mezzo la C-Star e questo ha portato che diventassimo noi il loro obiettivo».
Altre Ong hanno deciso di sospendere le operazioni in mare.
«Noi no, noi continuiamo le nostre operazioni. Saremo più attenti, prenderemo precauzioni, ma non ci ritiriamo per il momento dalla zona dei salvataggi».