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 2017  agosto 17 Giovedì calendario

Il 15 ottobre alle urne, quella sceneggiata elettorale austriaca sul Brennero

Il Brennero non è mai stato così vicino a Vienna. Il valico che divide il Tirolo dai cugini altoatesini è diventato il luogo dove la politica austriaca ha deciso di misurare i rapporti di forza (interni) in vista del voto anticipato del 15 ottobre che potrebbe cancellare dalla cartina la grande coalizione popolari-socialdemocratici e portare nella stanza dei bottoni l’ultradestra del Fpö (eredi di Haider). Ogni Paese, quando dietro la curva si profilano le elezioni, scopre un suo Brennero. Per Marine Le Pen era la giungla di Calais, per Geert Wilders erano le periferie disagiate olandesi «invase» da musulmani, per i fautori della Brexit era il Tunnel della Manica che traghettava europei (dell’Est). Dove i numeri smentiscono «invasioni» di orde di profughi, la retorica e quei luoghi pretendono un’altra narrazione. L’Austria ha avuto nel 2015 90 mila richiedenti asilo (1% della popolazione totale); nel 2016 le richieste sono scese a 37 mila (0,4% della popolazione). Al Brennero nel 2017 sono passati quasi la metà dei migranti del 2016, poco più di 4 mila. Non bastasse, dei 8.129 «ricollocati» in 18 Paesi (da Italia e Grecia), l’Austria non ne ha preso nessuno. Eppure Sebastian Kurz, leader popolare e ministro degli Esteri (caldeggiò a inizio luglio i tank al confine) batte solo il tasto migrazione, critica l’Italia per la gestione della crisi nel Mediterraneo e annuncia mirabili piani per contrastarla. Il premier socialista Kern, dietro nei sondaggi, insegue sul valico del Brennero. Mentre i nipoti di Haider gongolano: non saranno primo partito, ma le loro idee a tinte xenofobe – scrive l’analista Anton Pelinka – arriveranno al governo.