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 2017  agosto 15 Martedì calendario

Aurelia la via simbolo delle vacanze

La Via Aurelia è strada simbolo delle vacanze. Sarà per i pini e la salsedine. O per la certezza che il mare c’è, laggiù da qualche parte, anche se non si vede. Per le stazioni di servizio con annesso baretto o trattoria, dove se si è fortunati si trovano i panini con la porchetta e le brioche vere (non quelle congelate delle autostrade).
La Via Aurelia è soprattutto quell’idea di mettersi in macchina per evadere, andare via dalla città, che anche chi non ha mai visto Il Sorpasso, ha ereditato per via genetica, come una sorta di ius soli italico. L’Aurelia è Ferragosto, come era nel film capolavoro di Dino Risi con Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant, che si svolge proprio il 15 agosto del 1961, quando le telecamera di Risi riprendono la Lancia Aurelia di Bruno/Gassman sfrecciare per i quartieri deserti di Roma, nel silenzio spettrale della città, tra le saracinesche abbassate e il vuoto assoluto per andare via. Andare dove? Non importa, come scoprirà presto lo studente traviato Roberto/Trintignant. L’importante è andare. Verso il mare, verso la costa. Senza un piano preciso, in cerca di divertimenti, attratti da donne, cibo, balli, vita spensierata, al suono del clacson tritono Perepepè, divenuto anche lui simbolo della vacanza. On the road, sulla strada, come si direbbe oggi, anche se allora non lo sapevano. E infatti quando il film arrivò in America uscì con un titolo azzeccatissimo: The Easy Life, la vita facile, una versione on the road della Dolce Vita. Una vita facile a portata di tutti, almeno per un giorno. Almeno per il giorno di Ferragosto.
Se tutte le strade portano a Roma, come dicevano i latini, la Via Aurelia è la strada che porta via da Roma. Non per nulla è la Strada Statale Numero 1, la famosa sigla SS1. Esce da Roma e si dirige pigramente verso Fregene e Santa Marinella, poi costeggia l’Alto Lazio su su fino a Capalbio, Castiglioncello e Quercianella e alla fine attraversa languida l’entroterra della Versilia e se uno ha la pazienza di proseguire arriva in Liguria e in Francia, per fermarsi nella vecchia colonia romana di Arles, in Provenza.
Un nastro lunghissimo di asfalto, famoso anche per i suoi incidenti mortali. Nasce lì, negli Anni 60, il mito collettivo della strada verso la vacanza e il benessere. Perché evasione fa rima con emancipazione e chi si arricchisce parte, celebrando l’esodo domenicale e ferragostano come rito di passaggio da una civiltà povera e contadina che era stanziale a una piccola borghesia che comunque si muove. Non è detto che viaggi, ma si mette in moto e spesso sta ore incolonnata, ferma in interminabili code.
È lì che nasce l’idea del viaggio come liberazione dalla routine. Anche se è solo la gita fuori porta per andare a Fregene e nel bagagliaio ci sono il tavolo da picnic e le seggioline di plastica da piazzare a bordo pineta e schiacciare il pisolino.
Ferragosto è la vacanza popolare che non si nega a nessuno. Anche a chi non può permettersi le ferie degli impiegati, i fortunati del posto fisso, che lottano a suon di anzianità per accaparrarsi la fatidica settimana di Ferragosto. E tantomeno per i privilegiati della villeggiatura, sempre meno e sempre più vecchi, perché la villeggiatura ormai è una cosa da pensionati. I nonni che portano i nipotini al mare o li tengono nella casa natale in campagna o sui monti. Eppure anche loro festeggiano il Ferragosto, se non è la grigliata i pensionati villeggianti preparano il pranzo per la famiglia. Perché la vacanza, come le feste comandate, si celebra per via culinaria.
E quindi l’Aurelia del Ferragosto è comunque la strada del popolo in ferie, con le code o i sorpassi. Lo spirito di questa giornata è colto splendidamente da Gassman che dice al giovane Trintignant: «A Robe’, lo sai qual è l’età più bella? È quella che uno c’ha giorno per giorno. Fino a quando schiatti, si capisce». Ferragosto è anche un po’ Carpe Diem. Crisi o non crisi, ricchi o poveri, tutti gli italiani cercano di godersela per un giorno. Fino a quando schiatti, si capisce.