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 2017  agosto 14 Lunedì calendario

La galassia della destra Alt-right che lega i razzisti al presidente. Dal Ku Klux Klan che esultò per la sua elezione ai contatti di Miller e Bannon con i suprematisti

Donald Trump finisce sotto accusa dopo le terribili violenze di Charlottesville in Virginia. Non solo da sinistra. Anche tra i repubblicani c’è chi si dissocia da un presidente troppo «equidistante». La Casa Bianca è costretta a rettificare, l’indomani degli scontri mortali: «Il presidente ha condannato tutte le forme di violenza, fanatismo, e odio. Naturalmente ciò include i suprematisti bianchi, il Ku Klux Klan (Kkk), i neo-nazisti e tutti i gruppi estremisti». La parte più debole di questo comunicato è l’avverbio. «Naturalmente»? Trump in realtà il giorno prima se l’era presa in modo indistinto con «tutte le parti», amalgamando nella sua condanna destra e sinistra. Sposando cioè un teorema sugli «opposti estremismi», del tutto inadeguato all’America di oggi. Non siamo negli anni Sessanta quando esisteva un terrorismo di sinistra (Black Panthers, Weathermen). Continuano invece ad esistere milizie armate di estrema destra, razziste e fasciste. In azione alla luce del sole a Charlottesville. L’altra ragione per cui quel «naturalmente» è fallace, sospetto e ipocrita, sta nella storia di Trump. La sua ascesa come star della politica americana è stata punteggiata – e accelerata – da una serie di ammiccamenti verso tutte quelle fazioni estremiste citate nel comunicato di condanna. Prima tappa: nella campagna elettorale del 2012, quando Trump si trastulla con l’idea di candidarsi per la nomination repubblicana, ma poi rinuncia (sarà candidato Mitt Romney contro Barack Obama). Per mesi però Trump lancia un messaggio che a posteriori capiremo essere stato un ballon d’essai, un test in vista della candidatura: «Obama è nato in Kenya, per legge non può essere presidente degli Stati Uniti». Menzogna spudorata e vergognosa, che verrà smentita ma conserverà un seguito ampio a destra. Trump diventa il leader del “Birther Movement”, il movimento che contesta il luogo di nascita del presidente. Il messaggio subliminale va dritto ai suprematisti bianchi, al Kkk tristemente noto per i linciaggi degli “incappucciati”, ai sudisti nostalgici dell’America pre-guerra civile e del segregazionismo. Un afroamericano alla Casa Bianca non può che essere un alieno, uno straniero, un usurpatore che ci porta via la “nostra” America per governare in favore di “quelli là”. È da quel momento che la destra razzista, estremista, fino ai filo-nazisti, s’incolla a Trump con una fedeltà assoluta. E lui si guarda bene dal rinnegare questi fan. Secondo capitolo della vicenda: l’ex capo del rinato Kkk, David Duke, gli dà un endorsement nella campagna elettorale del 2016. Orrore, non solo a sinistra. Quei repubblicani che ricordano di essere stati il partito di Abraham Lincoln esigono una immediata e netta presa di distanza. Trump tace, prende tempo, poi se la cava con dichiarazioni evasive e ambigue. Non vuole tagliare i ponti che lo legano a un nucleo duro di fan fedelissimi. La stessa cosa avviene con l’ultra-destra del fondamentalismo cristiano (una galassia distinta anche se a volte l’ideologia fascista e il tema della “difesa della civiltà cristiana” possono incontrarsi). Terzo capitolo: le nomine. Quando s’insedia alla Casa Bianca, Trump fa scalpore chiamando nella cerchia dei consiglieri più influenti Stephen Bannon e Steve Miller. Tutti e due già visibili nell’entourage durante la campagna elettorale. Ma tutti e due con profili biografici del tutto inadatti alle cariche istituzionali vicine allo Studio Ovale. Bannon ha diretto il sito di estrema destra Breitbart, è un noto esponente della cosiddetta alt- right (destra alternativa, in realtà sta per destra radicale), cita Julius Evola tra le sue letture preferite. Miller è noto per i suoi contatti con i suprematisti bianchi. Dunque le parole di Trump dopo gli scontri mortali della Virginia non andavano «naturalmente» intese come una condanna di quei tre gruppi, verso i quali il presidente ha avuto un atteggiamento a dir poco equivoco. Il vero Trump è quello che a caldo ha condannato un po’ tutti, con equidistanza. Come se gli eccessi del politically correct della sinistra – più volte denunciati per il clima intollerante che regna in alcuni campus universitari ultra-progressisti – fossero equiparabili alla violenza sistematica di gruppi para-militari con la svastica.