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 2017  agosto 14 Lunedì calendario

Il Killer che dava la morte migliore

In fondo se ne è andata nel modo migliore. I parenti l’hanno pensato subito, al funerale qualche conoscente l’ha perfino detto, a voce bassa, come si fa in questi casi. Marie Winterholer era una signora anziana ed è morta nel sonno, senza accorgersi di nulla. Poche settimane dopo anche Ernestina Mang è morta così, a causa di una crisi respiratoria. Stessa età, stessa diagnosi, stessa posizione del corpo nel letto, disteso a pancia in su, il lenzuolo che la copriva fin quasi al mento. Abitavano a poche case di distanza nel villaggio di Burnhaupt-le-Haut, in Alsazia, 1.500 anime al confine tra Francia e Svizzera. Proprio nella stessa via, la rue Basse, la morte ideale tocca poi ad Augusta Wassmer. È il 27 aprile 1994, sono passati meno di sei mesi dalla scomparsa delle sue vicine, Marie ed Ernestina. Questa volta però i familiari notano qualcosa che non va, oltre alla strana coincidenza.
Per prima cosa Augusta dormiva sempre di lato, e non avrebbe mai tirato su le lenzuola fino a quel punto, lei che si lamentava tanto del caldo. Nel portafogli c’erano ancora gli spiccioli, però mancava la carta di credito. A ripensarci anche la nipote di Ernestina, la seconda vittima, si era accorta di un dettaglio: nella scatola di legno dove la nonna teneva i risparmi, non era rimasto nulla. L’11 maggio però l’autopsia conferma le prime impressioni del medico legale: anche quella di Augusta è stata una morte naturale, dovuta a un arresto cardiaco durante il sonno.
E invece non è andata così. Le anziane vicine di casa di Burnhaupt-le-Haut sono tre delle vittime di quello che è probabilmente il più prolifico serial killer europeo del Novecento. Ma questo si saprà soltanto dodici anni dopo.
L’assassino del secolo È uno dei suoi nove fratelli a segnalare Yvan Keller alla polizia di Mulhouse, il capoluogo della regione famoso per aver dato i natali al capitano Dreyfuss e a William Wyler, il regista di Ben Hur. Una lite in famiglia, una piccola vendetta. Quando entra in Procura, il 22 settembre 2006, Keller ha 46 anni; è un giardiniere – «paesaggista», come si dice in Francia – molto apprezzato. Si presenta bene: magro, capelli castani, occhi grandi e azzurri, con gli agenti è piuttosto distaccato. Abita con la compagna in un appartamento anonimo ma ordinato; quando gli altri inquilini vanno in vacanza, si prende cura volentieri dei loro animali domestici. Una persona tranquilla e riservata, dicono tutti; ma nessuno sa che ha diversi precedenti penali, anche se molto lontani nel tempo. Il più importante nel 1984: poco più che ventenne, era finito in prigione per rapina a mano armata ai danni di un antiquario.
Dopo la strana denuncia del fratello, gli inquirenti si sono messi a indagare sul giardiniere dai modi garbati: sospettano che abbia ricominciato a rubare. Gli presentano una lunga serie di colpi dei quali è ora accusato. E in un caso lo scenario è ben più inquietante: il proprietario della casa svaligiata è stato trovato nel letto privo di vita. Preso di sorpresa, nel giro di poche ore Keller confessa tutto. E molto di più.
I giornali lo chiameranno «il serial killer del cuscino». L’idea gli era venuta vent’anni prima, quando era uscito l’ultima volta dal carcere. Cercava un sistema per rubare senza rischiare più di finire dentro, e lo aveva trovato. Per prima cosa, aveva scelto un impiego che gli permettesse di individuare case abitate da persone sole, anziane, e con qualcosa di valore da rubare. Una volta individuato l’obiettivo, entrava di notte senza lasciare tracce. Il più delle volte andava tutto liscio. «Ma se il padrone di casa si svegliava, allora prendevo un cuscino e lo addormentavo di nuovo. Per sempre».
Keller non smette di parlare. Di 7 omicidi dà coordinate precise, ma fa intendere di averne commessi molti altri. A un certo punto si interrompe e propone agli inquirenti un marché, un affare: «Vi racconterò tutto nei dettagli, sono pronto ad accompagnarvi nei luoghi di ogni delitto. Però dovete lasciare la mia compagna fuori da questa storia. Lei non c’entra niente, dovete proteggerla, darle una nuova identità in un’altra città». Il giudice istruttore replica che in questa fase non può dargli garanzie. Keller allora cambia tono e annuncia: «Mi rifiuto di firmare il verbale dell’interrogatorio. Per quanto mi riguarda, quello che ho detto finora non ha alcun valore».
Ma in tutto, gli chiede il magistrato, quante persone ha ucciso?
«Centocinquanta».
Le due vite del giardiniere Keller non parlerà mai più. Viene condotto nei sotterranei del tribunale di Mulhouse, in una cella di vetro infrangibile. Per pranzo chiede che gli sia portata una pizza. Alle 14.10 viene trovato impiccato ai lacci delle scarpe, che ha legato al tubo di supporto della luce al neon.
Nelle settimane successive, una squadra di investigatori arrivati da Parigi lancia un appello in tutto l’est della Francia, e passa in rassegna gli annunci funebri degli ultimi vent’anni. Keller lavorava anche in Germania, Svizzera e Lussemburgo. Ma quanti omicidi ha commesso davvero? Il numero che si è attribuito lui stesso durante l’interrogatorio è considerato una provocazione. I casi certi sono 23, ma ci sono indizi su un’altra ventina. Il numero preciso non si saprà mai.
Nemmeno della refurtiva è rimasta traccia. Ma gli inquirenti una cosa l’hanno scoperta: il tranquillo giardiniere aveva una seconda vita, molto costosa. Scommetteva (e perdeva) migliaia di euro alle corse dei cavalli. Spesso si concedeva vacanze da decine di migliaia di euro. A Parigi pernottava al Ritz, al Bristol o al Pavillon de la Reine; a cena faceva collezione di ristoranti stellati.
L’unica vittima risarcita Tre persone vengono indagate come complici: la compagna, un amico e lo stesso fratello che lo aveva denunciato. Verranno tutti scagionati per mancanza di prove. Ai parenti delle vittime, invece, resta un’ultima sorpresa. Soltanto una delle decine di persone implicate in questa storia verrà risarcita. È la fidanzata di Keller, che per ordine del Tribunale civile ha diritto a 10 mila euro per «la mancata protezione del sospettato in stato di fermo». Più o meno quanto lo stesso sospettato – per la giustizia non sarà mai ufficialmente un assassino – spendeva in un fine settimana lontano da casa.
Roseline Lesecq è la nuora di Madeleine Schaal, morta la notte del 12 febbraio 1995 nella sua casa di Eschau. Così ha riassunto la sua storia a un inviato del Figaro : «Avevamo sentito del caso Keller, ma non avremmo mai immaginato… Poi un giorno la polizia bussa alla porta per dirci che mia suocera è una delle vittime accertate del mostro. È stato devastante. E adesso? Ogni volta che siamo convocati in tribunale riviviamo lo stesso dolore. Lo dico chiaramente: avremmo preferito non sapere nulla, vivere con l’idea che la nostra Madeleine fosse morta di una bella morte».