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 2017  agosto 13 Domenica calendario

Prezzi stracciati e incubo valigia. Gioie e dolori dei voli low cost

Nella casa italiana della vacanza low cost il viaggio inizia ben prima del decollo perché c’è la valigia da chiudere, un’auto da caricare, un autobus da rincorrere. Volare è così economico che il maggiore investimento diventa il tempo prima del volo. Due o tre o perfino cinque ore per raggiungere lo scalo, il parcheggio, poi la navetta, il check in, i controlli di sicurezza. L’orologio diventa una variabile secondaria e impone partenze poco intelligenti alle sei e venticinque. Con i tragitti vari significa sveglia e doccia alle tre del mattino. È quasi meglio non andare a letto. Ecco la Cartolina numero due: Orio al Serio. Ci piace volare e spendere poco è una necessità, così da far diventare una pista disegnata accanto all’autostrada A4 il terzo scalo d’Italia, superando la più nobile Linate. Da qui passano 11 milioni di passeggeri all’anno. Ogni volta che ci torni hanno aggiunto un pezzo, altrimenti non c’è posto per tutti. In fila e ben contenti del compromesso, pur di decollare.
È l’alba e il piazzale esterno brulica già come un mercato, i pullman in arrivo da tutta Italia scaricano turisti a ciclo continuo. Soprattutto al mattino, la fascia preferita dei low cost: hanno capito che per far soldi gli aerei devono stare in cielo e non parcheggiati.
Due ragazzi francesi con l’aria di chi ha seguito il consiglio sulla notte in bianco sono a Bergamo (ma non lo sanno: “What? This is not Milano?”) solo per fare scalo e ripartire per Budapest, diretti a un festival musicale. Loro forse non ci pensano ma stanno rendono la piccola Bergamo un aeroporto hub, come in teoria si voleva fare della blasonata Malpensa.
Per essere un aeroporto così trafficato lo scalo è piccolo. I banchi del check in sono pochi: quello low cost è il popolo del solo bagaglio a mano. Due signore inglesi ci vogliono smentire e varcano l’ingresso a bordo di due biciclette. Hanno perlustrato i sentieri attorno al lago di Como e cercano assistenza per imbarcare le due ruote e tornare a casa. Una coppia di Lugano le segue: lei ha il figlio imbragato nel marsupio, lui trasporta un surf. Sono in partenza per Fuerteventura.
Prima dei banchi si crea spontaneamente un habitat per quella strana specie nota come Homo Quasi Sapiens Intento a Comprimere lo Spazio: stesi a terra, gli abiti riposti con cura nella valigia vengono trasferiti e riorganizzati. Gli obiettivi possono essere due. Obiettivo uno: spalmare meglio i pesi per non superare il limite nel bagaglio da imbarcare. Obiettivo due: eliminare il secondo bagaglio a mano, vietato! Di solito gli uomini più volonterosi iniziano ad armeggiare seguendo alla virgola le indicazioni della compagna. Ma poiché spesso seguire queste indicazioni si rivela compito assai arduo, interviene la donna multitasking che intrattiene il figlio, parla al telefono con la suocera e conclude l’operazione. Nel frattempo, a dire il vero, alcune compagnie aeree a basso costo hanno allentato le regole. Ma il terrore del bagaglio è diffuso come una fake news sui vaccini nell’Italia del 2017, e fa fiorire affari paralleli: un signore veneto spiazza la platea aeroportuale estraendo dal primo bagaglio una bilancia portatile. Quando due ragazzi gli si avvicinano chiedendo di pesare la valigia, parte di fatto la concorrenza sleale ai pesatori dotati di ufficiale licenza.
Volare low cost non è più una novità. È piuttosto una nuova normalità, un ponte ormai costruito verso l’epoca del viaggio sempre e comunque. C’era una volta il tempo in cui il ponte non c’era, e semplicemente non si volava. Il 78% dei passeggeri, qui a Orio al Serio, sta per sedersi su un aereo Ryanair.
L’aeroporto è piccolo ma bello, gli imbarchi guardano le alpi Orobie e Bergamo. Per combattere l’immagine dello scalo troppo economico, che poi in realtà è il motivo per cui tutti ci vengono, sono arrivati ben due ristoranti con menù firmato da uno chef stellato. Ossimori del contemporaneo in cui sguazzare, come le poltrone massaggiatrici a gettone installate giusto giusto sotto una televisione che ripete gracchiando un notiziario senza pietà, altrochè relax.
È finalmente arrivato il momento dell’attesa, un aspettare dolce perché il volo inaugura la vacanza. Da qui partono soprattutto per le ferie o i weekend lunghi, nell’eterna ricerca del meritato ozio. I viaggiatori sorridono e i sorrisi sono come didascalie: negano la routine, il capo antipatico, quell’esame di diritto privato o il lavoro che non c’è. Ora basta, si va in vacanza, poi vedremo. L’altoparlante enuncia destinazioni come fossero caramelle. Zante! Malta! Marrakech, e poi Madrid Lamezia Istanbul Atene Londra Mosca Capoverde Oslo Creta Ibiza, e l’elenco non finisce. «Non sai che fatica lavorare qui», sospira Silvia, 26 anni, che prepara i caffè al bar di fronte a una porta di imbarco. Fa i controlli di sicurezza ogni giorno ma a fine turno va a casa, qua vicino, anche se un volo per la spiaggia prenotato per tempo può costare meno di un treno per Milano. Con lei sono oltre mille i lavoratori di questa città delle promesse. Davanti a Silvia passano ancora dei ragazzi, giovanissimi, trasportano imbranati trolley semivuoti diretti alle spiagge spagnole. Sono almeno la terza generazione low cost. Un altro gruppo, tutte ragazze, li studia senza dare nell’occhio: volano a Zante per festeggiare la maturità, come suggeriscono le magliette rosa in tema.
Chi parte sorride quasi sempre, chi arriva un po’ meno. A meno che non ci sia qualcuno che lo aspetta. Un nonno sta al telefono e guarda in su: «Atterrato, atterrato!», esulta quando il monitor viene aggiornato. Un ragazzo aspetta guardando il telefono, sembra annoiato. Poi dalle porte escono due gemelline castane, gli corrono incontro e lui le tira su in un colpo solo. Erano in Sicilia con la mamma, che sta arrivando con una valigia extralarge. Papà era rimasto a lavorare. «Ma poi ci torniamo?», chiedono. Tornano a casa, pensano già alla promessa del prossimo volo.
@bpagliaro