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 2017  agosto 13 Domenica calendario

Intervista a Alessandro Invernizzi: «Io, multato e beffato perché non ho detto che rispondo dall’Italia»

Il 21 luglio 2017 è stata una giornata difficile per Alessandro Invernizzi, presidente onorario delle acque minerali e delle bibite Lurisia, amministratore delegato del centro termale che è lì, nel Cuneese. «Quel giorno – racconta Invernizzi – oscillavo tra il nervosismo e l’incredulità dopo aver letto della multa che il ministero dello Sviluppo Economico ci notificava, ritengo senza alcuna colpa». Importo della multa? «Doloroso: 50 mila euro. Ma potremmo sanare la cosa pagando subito un importo ridotto: 16.667 euro. Solo che per ora non vogliamo conciliare». Le acque Lurisia non sono contaminate. Il centro termale è un gioiellino. Che cosa vi contesta il ministero? «L’Ispettorato Emilia Romagna del ministero ci ha fatto due telefonate, una al centro termale e una alle acque minerali. È successo l’8 giugno, verso le otto e mezza del mattino. E noi, a quanto pare, avremmo sbagliato la risposta». Cioè? «Questo ispettore ha chiamato i numeri che servono a dare le prime informazioni ai clienti e la nostra impiegata non ha precisato subito, al telefono, che rispondeva dall’Italia. Faccio un passo indietro. L’ultima legge di Bilancio impone ai call center di dire subito se sono in Italia o all’estero, per trasparenza verso gli utenti». Ma i call center sono a Vodafone, a Sky, all’Enel. Il vostro centro termale, le acque minerali hanno un vero e proprio call center? «Noi abbiamo un classico centralino. Un centralino diffuso. L’impiegato che è libero in quel momento, di quelli autorizzati a rispondere, prende la chiamata. Il nostro non è un call center strutturato, dunque, di quelli con centinaia di addetti e le tecnologie del caso». Come è possibile che gli ispettori vi abbiamo paragonato a un vero call center, allora? E perché questo controllo? «Faccio un altro passo indietro. Federterme Confindustria, cui siamo associati, in primavera ci ha invitati a iscriverci a un registro che è proprio al ministero dello Sviluppo». Si chiama... «Roc: Registro degli operatori di comunicazione. Ora i call center classici sono obbligati a iscriversi al Roc. Federterme Confindustria ha ritenuto, però, che questo obbligo di iscrizione ricadesse anche sulle strutture dotate di un semplice front office. Anche su chi, come noi, ha un servizio di prima informazione ai clienti». E una volta iscritti al Roc... «Ci sono piovuti sulla testa tutti gli obblighi che valgono per i call center veri. Compreso quello di dire subito da dove si risponde». Pensa che Federterme Confindustria vi abbia mal consigliato suggerendovi di iscrivervi al Registro? «Non abbiamo niente da contestare a Federterme, che è stata mossa solo dall’intenzione di tutelarci. Peraltro Federterme ha avuto contatti continui con il ministero per capire se l’obbligo di iscrizione al Roc – previsto sempre dalla legge di Bilancio si potesse estendere anche a chi ha un semplice centralino. Il consiglio di aderire al Registro ci è stato dato in assoluta buona fede e per proteggerci da ulteriori contestazioni». Alla fine cederete? Pagherete 16.667 euro per mettere le cose a posto? «Scusi, no. Noi non paghiamo. Con Federterme e con i nostri legali stiamo organizzando un ricorso al ministero, che presenteremo entro il 21 agosto. Spiegheremo che la nostra impiegata, sollecitata dall’ispettore, ha poi detto che rispondeva dall’Italia; e che noi non abbiamo un call center classico. Intanto abbiamo istallato un risponditore automatico. Chiarisce subito, a chi ci chiama, che parliamo dall’Italia, e non dall’Albania oppure dal Marocco. A scanso di altri malintesi».