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 2017  agosto 13 Domenica calendario

Napoli. Il corno che non fa sorridere

Il Comune di Napoli ha deciso – visto che la superstizione è tra gli «elementi distintivi della città» – di costruire sul lungomare un monumentale corno rosso. «Il malocchio, la jella, ’o munaciello, ’a bella ’mbriana, la smorfia: sono solo alcuni degli elementi distintivi delle credenze napoletane». Con queste motivazioni arriva il super corno di Luigi de Magistris, il più alto di tutti i tempi, l’unico panoramico e scalabile. È l’ultimo prodotto di una politica degli eventi che punta all’identità cittadina come a un valore, ma che di fatto l’utilizza – curioso per un sindaco «ribelle» – come una merce. Napoli diventerà così la capitale della scaramanzia. Dopo essere diventata quella delle sagre della pizza e del baccalà sul lungomare. In effetti, avvezza a certe pratiche scaramantiche, la città lo fu anche durante il secolo dei Lumi, quando accarezzare la gobba allo «scartellato» era comunque un modo per umanizzare la fortuna e strapparla al dominio degli dei. Ma poi tutto ha preso un’altra piega. Fino a quando la scaramanzia non è «scesa» in politica per farla apparire meno verticistica. I cornetti portafortuna di Antonio Bassolino erano noti a tutti, e molti glieli invidiavano anche, almeno fino a quando l’allora sindaco non fu sballottato dal Rinascimento cittadino all’emergenza rifiuti. Anche la compassata Rosa Russo Iervolino, che lo sostituì, ne tirò fuori uno a beneficio delle telecamere la sera del sorteggio tra Napoli e Valencia: bisognava decidere per la Coppa America, ma vinsero gli spagnoli. Di recente, perfino il salernitano Vincenzo De Luca ha stupito tutti sfilandone uno minuscolo dalla giacca e confessando che sì, anche lui talvolta lo strofina: da quando è governatore a Napoli, o anche prima? Chissà. Ora, però, tocca al corno del nuovo sindaco, anzi, al Corno con la maiuscola, perché il simbolo passerà dalla dimensione individuale a quella collettiva. Qualcuno dice che la scala architettonica è quella dei giganteschi problemi cittadini: dai bilanci in rosso ai trasporti in affanno. E infatti avrà una base di trenta metri e sarà alto sessanta, venti più dell’albero di Natale dell’anno scorso, e come quello, nello stesso periodo, sarà posizionato sul lungomare, così da essere ben visibile, una volta illuminato, anche da Capri. Il progetto è della Italstage, la stessa azienda che ha realizzato il palco di Vasco Rossi a Modena e che tirerà su quello dei Rolling Stones. Pasquale Aumenta, il patron, lo ha descritto al Corriere del Mezzogiorno. La struttura sarà in ferro e prevederà terrazze sui vari versanti, la più alta a 35 metri. Ci si potrà arrivare con un ascensore, mentre ai piani bassi saranno previsti ristoranti, negozi e spazi per eventi. Il costo? Un milione di euro, ma l’investimento – tutto a carico dell’ Italstage – non sembra a rischio, perché l’anno scorso i visitatori furono 220 mila, di cui 71 mila paganti. E dunque alla fine i conti hanno retto. Così come hanno retto i ponteggi, nonostante gli oppositori gufanti. Tant’è che questa volta le obiezioni più che tecniche sono estetiche. Firmato dal presidente di Italia Nostra, gira un appello al ministro Dario Franceschini perché blocchi il «mostro». Hanno aderito anche il filosofo Aldo Masullo, il musicologo Paolo Isotta, e lo storico dell’arte Francesco Caglioti. Ma poiché il ministro non si è fatto vivo, uno dei firmatari, l’ingegner Raffaele Aragona, è tornato alla carica ieri sul Mattino. «Sarebbe necessaria – ha scritto – una ribellione delle élite, di tutti coloro che hanno a cuore i valori del paesaggio e invece, ecco un altro progetto inutile, non a beneficio dei cittadini, e che offende i vincoli urbanistici». De Magistris guarda e passa. Gli va bene così: agli altri le élite, a lui il popolo. E sempre più si ispira a Don Gaspar de Haro y Guzmàn, Marchese del Carpio. Era il viceré che introdusse gli apparati effimeri – gli alberi della cuccagna – nelle feste di piazza.
@mdemarco55