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 2017  agosto 13 Domenica calendario

Il Barkley azzurro. Biligha: «Io piccolo? Sfrutto la velocità»

«No, a due metri non arrivo, sono 1.98». Paul Biligha non deve inventarsi centimetri per guadagnarsi maggiore credibilità in un’Italia che necessita di maggiore energia e vigore nei pressi dell’anello. Se non accadono cose strane, il 27enne poliglotta (parla correntemente italiano, inglese e francese, se la cava in spagnolo) dei tricolori di Venezia sarà uno dei 12 all’Europeo. 
Paul, è nato a Perugia e ha trascorso l’infanzia tra Italia e Camerun, la terra dei suoi genitori.
«Mio padre studiava all’Università per stranieri di Perugia, poi è stato raggiunto da mia madre. Siamo ritornati in Camerun verso i miei 9 anni, quindi di nuovo in Italia, a Firenze, dove ho cominciato a giocare a basket, a 16 anni. Anche se le basi le ho avute in Camerun, a 12 anni, grazie a un ex allenatore della Nazionale che mi notò al campetto. Lì non c’è cultura cestistica, si pensa solo al calcio, come in Italia. In verità, è il primo sport che avrei voluto fare da piccolo. Lo seguo ancora, tifo Fiorentina, quante gare ho visto all’Artemio Franchi».
In Camerun non era facile seguire il basket internazionale?
«Conoscevo solo Michael Jordan, poi ho capito che c’era anche altro. Leggevo tanto, solo grazie ai giornali potevo aggiornarmi. Vedere l’Nba in tv era impossibile, mi rifacevo con i canali francesi che trasmettevano l’Eurolega, l’Italia allora era Virtus e Fortitudo». 
I mesi di Firenze qualche amarezza gliel’hanno lasciata.
«Potevo solo allenarmi con le giovanili e non fare partite ufficiali perché non avevo i 4 anni di formazione: frustrante. Una regola strana. Poi per uno come me nato a Perugia, da non credere. Meno male che ora a livello internazionale è cambiata proprio in questi giorni, è stata sanata un’ingiustizia». 
L’azzurro non è una novità. 
«Ho fatto parte dell’Under 20 di Sacripanti, poi ho giocato anche con la Sperimentale. Ma sognavo la prima squadra». 
Si aspettava la convocazione?
«No, più che altro per il risultato di Cremona, retrocessa sul campo. È stata premiata la mia crescita individuale». 
Ha qualche giocatore del passato come riferimento?
«Charles Barkley. Fisicamente siamo diversi, ma il ruolo è quello. Ho sempre giocato da centro: è vero che mi mancano i centimetri, molti avversari sono alti e grossi, io però metto bene la palla a terra e li posso battere in velocità. Tra gli italiani, invece, ho ammirato soprattutto Galanda».
Il suo percorso di studio è stato tra Italia e Camerun. 
«Asilo e materne in Italia dalle suore, elementari e superiori in Camerun, di nuovo in Italia dalla 3a superiore, dove mi sono diplomato al liceo biologico-tecnologico di Casalpusterlengo. Ora sto facendo l’università, sono iscritto al 3° anno di scienze e tecnologie applicate, sezione agraria. L’Università, di Roma, è telematica, studio da casa e vado in sede per gli esami». 
Ci parli di Messina. 
«Mi ha mostrato un livello di gioco diverso da quello che affronto durante la stagione dove siamo limitati a quello che dobbiamo fare per rinnovare il contratto. E i metodi di allenamento sono di altissimo livello».
Cosa fa nel tempo libero?
«Con una figlia di 5 anni, Helen, non esiste, è tutto dedicato a lei. Vive con me e la mia compagna, di Teramo».
Si sente già nei 12 per l’Europeo?
«Macché. Ci punto molto e lo spero, però».