Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 10 Giovedì calendario

Intervista a paleoantropologo Giorgio Manzi: «Una Pompei del Miocene, scoperta storica»

«Siamo di fronte a una Pompei preistorica che ha permesso una scoperta straordinaria». Giorgio Manzi, paleoantropologo della Sapienza Università di Roma è in Puglia per continuare a studiare l’Uomo di Altamura, l’esemplare di Neanderthal a cui ha dedicato una parte importante delle sue ricerche. Ma l’annuncio di Nature è di quelli storici. «Aspettavamo da tempo uno notizia come questa». Perché, professor Manzi? «Finora non avevamo reperti di nostri progenitori così antichi. E nemmeno Alesi sarebbe stato trovato se non ci fosse stata l’eruzione vulcanica che lo ha sepolto. Viveva in una foresta e quel tipo di habitat metabolizza e dissolve qualsiasi resto di essere vivente. Quel piccolo cranio, invece, è arrivato fino a noi grazie a una sorta di Pompei del Miocene». Qual è l’importanza di questa scoperta? «Aver individuato un possibile antenato comune di scimpanzé, gorilla e esseri umani. E averlo trovato nel posto giusto: l’Africa orientale». È la conferma che la nostra storia è iniziata lì? «Sì. Lo sosteneva già Darwin e lo supportano gli studi sul Dna: se i nostri parenti più stretti sono scimpanzé e gorilla che abitano l’Africa equatoriale, il nostro antenato comune non può che essere vissuto lì. E non, come pure alcuni ritengono, in Asia o a nord del Mediterraneo». Il piccolo cranio di Alesi è stato trovato nel 2014 e l’annuncio arriva solo ora. Come mai? «Studiare un reperto così importante richede tempo. E poi i colleghi hanno usato tecniche sofisticatissime: per esempio una Tac fatta con la luce di sincrotrone che ha permesso loro di analizzare i denti, per risalire all’età dell’individuo, e l’interno dell’orecchio, per stabilire come deambulava». La Pompei del miocene riserverà altre sorprese? «Potrebbe aver preservato altri resti oltre a quelli del piccolo Alesi. Sono sicuro che le ricerche in quell’area si intensificheranno».