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 2017  giugno 22 Giovedì calendario

Micro case, macro mondi. Fuga dalla città. Rinuncia al superfluo. Ecologia. Lusso. Tutto molto piccolo

BASTANO 9 METRI QUADRI per vivere (bene)?+Il successo delle microcase – quelle, cioè, di metratura inferiore ai 40 mq – fa pensare di sì. Architetti e designer si sbizzarriscono nel progettarne di sempre più piccole e avveniristiche. In tutto il mondo, Italia compresa, i monolocali vanno a ruba, soprattutto in città: a Milano, secondo i dati di Immobiliare.it, nell’ultimo anno la domanda è salita del 15%, a Bologna e Napoli del 6%. E poi c’è chi opta per una casa mignon per liberarsi del superfluo o vivere a contatto con la natura. Solo una moda per ricchi e fricchettoni? Macché, il fenomeno ha anche un volto sociale. I mini appartamenti possono essere la risposta (temporanea) ai problemi delle persone in difficoltà. E, nel lungo periodo, anche alle esigenze di una società che cambia, come la nostra, dove sempre più spesso la casa non è per sempre. «Le tiny houses – dimore piccoline – ridefiniscono il concetto di casa per un futuro migliore», si legge su TheTinyLife.com, uno dei portali di riferimento per il sempre più nutrito popolo delle microcase. La spinta l’ha data la crisi del 2008, quando i mutui si sono trasformati in capestri per tante famiglie americane (e non solo). Una Tiny House, spiega il sito, costa in media 23 mila dollari, e così il 68% delle persone che ne posseggono una non si è dovuto indebitare per comprarla. Molte di queste case si ispirano a criteri anti-consumisti ed ecologici. Chi le sceglie spesso sogna un futuro dove si rinuncia al superfluo, si rispetta la natura e si vive tanto all’aria aperta. Chi le progetta, approfitta della sfida per sperimentare soluzioni architettoniche audaci. In queste pagine vedete alcune delle microscopiche dimore d’autore più ambiziose, tratte dal libro fotografico Winzig. Tante sono all’insegna del lusso, come Minimod (27 mq), pensata come seconda casa minimale ma chic, e Mirror Cube, 8 mq sospesi su un albero nei boschi svedesi (passarci una notte costa circa 500 €). Ma altri progetti sono incentrati sul riciclo, come Silohaus (13 mq), fatta solo con materiali di scarto, come il silos che ne costituisce la struttura portante. E poi per tanti designer progettare microcase ha un valore sociale. Un  esempio perfetto è la Tinyhouse University di Van Bo Le-Mentzel: in collaborazione con il Bauhaus Campus di Berlino, l’architetto intende realizzare 20 microcase studentesche da affittare a 100 € al mese. La prima l’ha creata lui stesso: misura 6,4 mq ma contiene tutto, dalla doccia alla scrivania. L’obiettivo – dare una chance di indipendenza abitativa a chi ancora non ha un lavoro – è lo stesso del progetto Ospitalità Solidale del Comune di Milano. «Si tratta di 24 appartamenti “sottosoglia”, cioè di dimensioni inferiori ai 28 mq», spiega l’assessore ai Lavori pubblici e alla Casa, Gabriele Rabaiotti. «Una volta ristrutturati, sono stati dati in gestione alla Cooperativa DarCasa, che li affitta per un massimo di due anni a giovani under 30 con reddito basso. Costano 370 euro al mese, ma chi ci abita è tenuto a fare 10 ore al mese di volontariato nel quartiere». Il regolamento edilizio milanese impone 28 mq come metratura minima per le nuove case, ma quelle già esistenti, anche se più piccole, si possono ancora sfruttare se sono state giudicate abitabili in passato. E di dimore simili, a Milano, ce ne sono molte, nel privato come nel pubblico. «Abbiamo in cantiere diversi progetti per recuperarle e poi metterle a disposizione di chi si trova in una condizione di fragilità temporanea», spiega Rabaiotti. Una casa comunale, per quanto micro, può aiutare a rimettersi in piedi.
Quando si parla di micro appartamenti, però, scatta un po’ di diffidenza. La società cerca di imporci di rinunciare ai comfort di una dimora spaziosa? Assisteremo a un ritorno delle novecentesche “case minime”, costruite in tutta fretta per dare un tetto sopra la testa – e nulla più – ai poveri? Non necessariamente, almeno secondo l’architetto Luciano Crespi, professore di Design del Politecnico di Milano che alle case “sottosoglia” ha dedicato diversi progetti, anche in collaborazione con il Comune. «Oggi il design può e deve trovare soluzioni per rendere accoglienti anche gli spazi più piccoli».
Ma perché le microcase sono così di attualità? «Lo impongono i tempi: le famiglie composte da una sola persona sono sempre di più e bisogna fare i conti con le esigenze di chi vive in una città per poco tempo e non vuole, o non può, investire in case inutilmente grandi. E poi ristrutturare appartamenti già esistenti, anziché costruirne di nuovi, serve a ridurre la cementificazione delle città e risparmiare risorse». Spulciando annunci e riviste, sembra che le microcase sul mercato siano quasi tutte bellissime, ma costose. In città come fuori. «Certo, c’è il lusso», ammette Crespi. «Ma la cultura del progetto va oltre, ha anche delle responsabilità sociali.
Studiare come arredare un mini appartamento in poco tempo e senza spendere troppo è un modo per dare alle istituzioni gli strumenti per rispondere a tanti problemi del presente, dall’accoglienza dei migranti all’assistenza dei nuovi poveri».