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 2017  giugno 23 Venerdì calendario

La tecnologia ci fa perdere la memoria

Il 71% dei genitori non ricorda a memoria il numero di cellulare dei propri figli. Lo rivela uno studio di Kaspersky Lab, una delle società più importanti nella produzione di software per la sicurezza informatica, che aggiunge anche che più della metà delle persone monitorate ha dichiarato di non preoccuparsene perché si ritengono in possesso comunque di tutti i dati che necessitano di conoscere o ricordare, in quanto li conservano impressi nei propri device. 

Oggi in fondo a che serve tenerli a mente, quando possiamo comodamente leggerli in qualunque momento sui nostri dispositivi elettronici, ed altrettanto comodamente digitarli o trasferirli a chi vogliamo senza nemmeno parlarci, ma con un semplice clic? Invece sappiate che vi state ammalando, perché la medicina odierna ha classificato questa delocalizzazione della memoria in una nuova sindrome, definita «amnesia digitale», considerata una lacuna mentale, un deficit mnemonico che si sta cronicizzando e diffondendo come una vera epidemia, indebolendo progressivamente le nostre capacità cognitive e e di immagazzinamento, la cui causa non è da attribuire ad un virus infettante o ad una malattia neurovegetativa, ma all’uso eccessivo di smartphone e Google. 
La verità è che stiamo tutti perdendo un poco alla volta la nostra memoria, quella biologica e personale, che quotidianamente emigra fuori dalle nostre menti, viene inghiottita dai nostri iPad, depositata nei nostri iPhone e memorizzata nei nostri computer, con tutti i nostri numeri e le nostre note impresse nelle varie Sim card, anziché nelle sinapsi del nostro cervello. 
TESTA NELLA NUVOLA 
La nostra memoria cerebrale inoltre, da sempre è completata dai ricordi,dalle esperienze e dalle emozioni che vivono dentro di noi, mentre quella digitale,che memorizziamo freddamente nei nostri smartphone, ci ricorda puntualmente le nozioni e i fatti, privandoli però delle nostre sensazioni psicologiche, trasferendoli nell’ i-cloud, un computer virtuale che li custodisce congelandoli in alto nei cieli, estrapolandoli, e non facendoli quindi più vivere dentro di noi. Ci stiamo cioè abituando a vivere con la testa nella “nuvola”. L’amnesia digitale in pratica è la sindrome da delocalizzazione della nostra memoria biologica, che smette di essere una proprietà privata, un gioco elaborato di sinapsi individuali, per trasferirsi in un supporto collettivo, un mega cervello virtuale, dotato però di intelligenza artificiale. Ogni volta che annotiamo un ricordo, un anniversario, un appuntamento o un numero di telefono sul cellulare, sappiamo che lui le ricorderà per noi, che le nostre note a lui affidate resteranno in questo modo impresse e sempre a nostra disposizione, accessibili in qualunque momento, e quindi inconsciamente non le memorizziamo più nella nostra testa, nemmeno mentre le rileggiamo, ritenendo inutile impegnarci a ricordarle e conservarle a mente, essendo più comodo averle disponibili in tasca. Il problema è che perdere l’abitudine alla memoria, storica, culturale o numerica che sia, o non avere i dati in mente senza ricercarli in rete, invita le persone allo svuotamento progressivo della capacità mnemonica, la priva di punti di paragone, di quei riferimenti necessari e condivisi che permettono spesso di prendere una decisione immediata, eliminando anche quell’intervallo indispensabile per riflettere e sostenere un’opinione. 
NEURONI DIGITALI 
Paradossalmente questo sta accadendo a tutti noi senza che ve ne sia una coscienza diffusa, anzi è percepito come un dato di fatto, e senza sapere che la nostra conoscenza interna, quella intellettuale e mentale, si sta trasformando in una conoscenza puramente esterna, tecnica e virtuale, non più manipolata dal nostro encefalo. 
La memoria come funzione cognitiva la possiede solo l’uomo, che è l’essere più intelligente in natura, e che nella nuova epoca digitale sta esteriorizzando tutte le sue facoltà del sapere e di conoscenza, trasferendole in rete, aumentandole, raffinandole e connettendole a tutta la memoria del mondo, una memoria digitale a disposizione di tutti, che sta cambiando l’ equilibrio tra la memoria personale e quella pubblica. 
L’intero nostro bagaglio mnemonico viene infatti quotidianamente ingoiato e divorato dal digitale, ed ogni clic online e in rete che eseguiamo più volte al giorno, depaupera la banca dati dei nostri neuroni alleggerendoli della loro facoltà mnemonica, mettendoli in una pausa che alla lunga li rende inattivi. Se la memoria cerebrale non viene esercitata ed allenata, si atrofizza come un muscolo costretto all’immobilità, provocando una atrofia progressiva, poi difficile da recuperare. 
Insomma, pian piano stiamo svuotando le nostre menti dall’interno, cancellando tutti i dati in esse memorizzati; stiamo cioè digitalizzando la nostra memoria biologica e personale con le nostre dita senza rendercene conto, e non solo la stiamo portando fuori dalle nostre teste, ma la stiamo facendo diventare di proprietà pubblica, la condividiamo senza più alcun segreto, in un connettivo inconscio digitale. E mentre cresce la totalità dei dati che lasciamo con ogni clic online, in rete e nelle banche dati, di converso diminuiscono quelli che dovrebbero essere impressi in modo permanente con un clic mentale nella banca dati della memoria nei nostri neuroni. 
Quindi, da oggi in poi, non preoccupatevi più se non riuscite a ricordarvi un numero di telefono, il nome di una persona che conoscete o un luogo dove siete appena stati, perché ora lo sapete: non è l’Alzheimer incipiente, ma semplicemente la nuova sindrome da amnesia digitale.