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 2017  giugno 23 Venerdì calendario

Addio a Lolini, poeta frivolo e pessimista

Il grande disincanto («credemmo in tutto / poi in nulla») accomunava Attilio Lolini al suo amico Sebastiano Vassalli. Insieme hanno firmato due libretti. Il primo, Marradi, dell’88, uscì per le edizioni dell’Obliquo: era un racconto satirico a due voci che riprendeva pesanti sferzate alla società letteraria di cui fu vittima Dino Campana; il secondo uscì per Einaudi nel ’91, si intitolava Belle lettere e tornava, in forma epistolare, sempre su episodi del mondo culturale italiano. A quell’epoca Lolini non era noto: aveva pubblicato una serie di plaquette poetiche e poco altro (una con prefazione di Gianni D’Elia). Nel 1974 Pasolini l’aveva recensito come un «tardo frutto» della contestazione giovanile anni 60, un poeta postumo rispetto al suo tempo: «La sua rabbia – scrisse – è ricostruita, non è diretta, non è di puro intervento». Nell’87 uscì per il Lavoro Editoriale un suo «romanzo dell’ultraviolenza», Morte sospesa, con una quarta di copertina firmata dall’amico Sebastiano, che sottolineava «l’orrore della banalità consapevole, la risata stridula di chi si sporge sull’abisso…».
Il poeta Lolini, senese classe 1939, che fu collaboratore del «Manifesto», dell’«Unità» e di «Cuore», è morto ieri nell’isolamento di San Rocco a Pilli (Siena) poco meno di un anno dopo il suo amico Sebastiano, che si era isolato a Biandrate. Il quale, nel 1989 scrisse una delle sue letterine a un amico dell’Einaudi per sensibilizzarlo, con ironia, sulla qualità di quella rabbia: «Caro Paolo, eccoti il Lolini… Tu sai come la penso: grandi poeti oggi non ce n’è, e nemmeno piccoli. Attilio è uno dei pochi che hanno corso il rischio di diventare veramente poeti. S’è fermato in tempo…». E lo presentava così: «Quarantotto anni, molti estimatori tanto illustri quanto inutili (da Pasolini a Fortini) che non hanno mai seriamente fatto qualcosa per lui, un sincero e antico orrore per ogni tipo di trama, traffico, congiura, raccomandazioni e simili, Lolini è a tutt’oggi pressoché inedito… Scrive libretti d’opera per il cugino Ruggero Lolini – musicista Rai. È un fine critico musicale». Condivideva con un altro amico, il critico letterario Luigi Baldacci, la passione per la lirica e il melodramma.
Nel 2004 Mauro Bersani ha accolto nella Collana bianca einaudiana un’auto-antologia di Lolini, Notizie dalla necropoli, che conteneva trent’anni di scrittura poetica elaborata completamente fuori dalle vetrine letterarie. Si cominciava da Negativo parziale, del 1974, il cui titolo già annunciava la poetica del disincanto e dove comparivano versi come: «I poveri come si odiano tra di loro / egregio ingrao». Rivolta, con la minuscola, a Pietro Ingrao, il dirigente comunista, quella avvertenza era il massimo dello sfottò verso la politica professionale della sinistra italiana di allora: «la rivoluzione non era / dietro l’angolo/ vanno distrutte anche le rovine». Si parlò del «maledettismo frivolo» di Lolini, un ossimoro che significava pessimismo radicale, metafisico ma ironico, divenuto via via disperazione senza perdere levità, che colpisce il suo obiettivo con timbri nichilisti e insieme canzonatori, tragici e comici, notturni e giocosi insieme, come ha giustamente osservato Roberto Galaverni recensendo l’ultima sua raccolta, Carte da sandwich (sempre Einaudi, 2013). Franco Cordelli ha visto nel titolino «Zombi suite» l’araldico stemma del poeta senese, in quanto man mano che il suo tono si incupiva, si strozzava, si disfaceva in «versicoli» pressoché afasici, il suo poetare prendeva l’andamento della «marcetta trionfale»: «la gente sorride / ai giorni allineati / come barattoli / nei supermercati»; «le cose le persone / badano a trasformarsi / a prendere altre forme / prima di scordarsi».