Corriere della Sera, 23 giugno 2017
Il gondoliere transgender: «Ecco la mia vera battaglia»
C’è una foto scattata oltre dieci anni fa che lo ritrae con un vestito nero scollato, dei fiori nei lunghi capelli legati, mentre manovra il remo di una gondola. Ha l’aria di essere profondamente a disagio nei suoi panni. All’epoca Alex Hai, 50 anni, originario di Amburgo, in Germania, era conosciuto da tutti con il nome che gli era stato dato alla nascita, Alexandra, ed era diventato famoso come «la prima gondoliera donna», protagonista di una sfida «femminista» tra i canali di Venezia contro i colleghi maschi, che non lo volevano tra loro. Non è un caso che in quegli abiti Alex non si trovasse per niente bene. «Sono transgender – ha spiegato adesso in un lungo post sul suo profilo Facebook —. Il modo corretto di riferirsi a me, in ogni punto della mia vita, è “lui”, al maschile».
Oggi Alex è in terapia con il testosterone, a novembre scorso si è sottoposto all’asportazione del seno a San Francisco e ha finalmente fatto coming out, vivendo pubblicamente come l’uomo che ha sempre «saputo» di essere. A lungo non è stato così: è stata proprio la battaglia per diventare gondoliere a bloccarlo per anni. «Non era la mia – ha raccontato in un audio-documentario sull’emittente americana Radiolab —. Ma non avrei potuto fermarli, non potevo andare lì a dire a tutti che non ero una donna». Oltretutto, dopo aver vinto una causa che nel 2007 gli ha permesso di portare i turisti in gondola pur non avendo una licenza tradizionale, Alex ha iniziato a vivere della sua notorietà come unica donna al remo. Le persone che gli erano vicine sapevano che era un uomo transgender, per tutti gli altri rimaneva la «donna» che mai avrebbe voluto essere. Ci sono voluti 10 anni e una terapia al centro veneto per la disforia di genere per decidersi a fare l’ultimo passo: prendere gli ormoni e poi l’operazione. Gli resta una grande diffidenza per notorietà e media (basta chiedergli quanti anni ha perché durante l’intervista attacchi il telefono dicendo che non vuole domande simili) e una convinzione che fa a pugni con la battaglia di cui era diventato simbolo: «Non penso – dice oggi – che una vera donna possa fare questo lavoro».