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 2017  giugno 22 Giovedì calendario

Repubblica, De Benedetti e la tentazione di lasciare. L’ingegnere vorrebbe dimettersi dalla presidenza e mettere al suo posto in consiglio Ezio Mauro, che però avrebbe rifiutato

A Torino va in scena l’ultimo atto delle celebrazioni per i 150 anni della Stampa, in una lunga giornata di incontri con molti ospiti internazionali, tra direttori e amministratori di quotidiani. Titolo, anzi title: “The future of newspapers”. A chiudere gli anglofoni lavori, l’intervento del presidente del gruppo nato dalla fusione di Stampa ed Espresso-Repubblica, Carlo De Benedetti. Forse l’ultimo discorso dell’Ingegnere da presidente: voci sempre più insistenti lo dicono stanco e insofferente. E non per l’età (81 primavere), ma soprattutto per le difficoltà della sua amatissima Repubblica, dove un anno e mezzo fa si è insediato Mario Calabresi, succeduto alle direzioni di Ezio Mauro e del fondatore Eugenio Scalfari, entrambe felicemente longeve.
I guai, lo sappiamo, sono sistemici: i giornali perdono copie, l’emorragia di lettori è un problema comune (ahinoi). Repubblica però perde particolarmente. Secondo i dati Ads, nell’aprile 2016 il quotidiano di Largo Fochetti vendeva 212mila copie, scese a 181mila a marzo 2017 e a 177mila in aprile. Il diretto concorrente, il Corriere della Sera negli stessi periodi fa numeri diversi: 208mila ad aprile di un anno fa, poi 200mila a marzo scorso e 201mila ad aprile. Secondo molti, fra cui probabilmente anche l’Ingegnere, la perdita tanto copiosa di copie si deve anche a uno smarrimento identitario del giornale simbolo della sinistra italiana.
Nel discorso di ieri De Benedetti ha lanciato una proposta: “Convocare gli stati generali della nuova stampa aperti a ogni categoria che vuole partecipare per ripartire dalla qualità”. L’intervento è incentrato sul concetto di good enough, l’abbastanza buono. Di notizie “abbastanza buone” ( e che non costano praticamente nulla) siamo invasi. Come competere? “Nel mondo del buono abbastanza gli editori devono riconquistare la fiducia del pubblico. Nessun modello di business può funzionare se concorre con un prodotto che ha il costo pari a zero. Dobbiamo produrre notizie che facciano la differenza e questo può farlo solo una struttura professionale. Il pubblico deve sapere che nei nostri contenuti può trovare informazione con controllo, trasparenza e ammissione pubblica di errore”.
Un passaggio, quest’ultimo, che è stato letto come una frecciatina nemmeno tanto velata a Mario Calabresi, recentemente protagonista di uno scontro con il Movimento 5 stelle. Giovedì scorso Repubblica dava notizia, in apertura di giornale, di un incontro tra il segretario della Lega Matteo Salvini e Davide Casaleggio. Entrambi hanno categoricamente smentito, sono volate parole grosse. E proprio ieri Casaleggio ha annunciato di aver intentato una causa civile contro il direttore: “Non accetto che dopo aver inviato la rettifica Calabresi mi dia del bugiardo sulla base di presunte ‘fonti certe’ (…) È passata quasi una settimana e Calabresi si è ammutolito, le fonti certe sono scomparse rendendo chiaro a tutti il ‘metodo Repubblica’: pubblicare notizie false in prima pagina, citare presunte fonti certe, tirarsi indietro davanti a un fact checking pubblico e lasciare il dubbio nelle persone che un fatto possa essere vero anche se non lo è”.
Ma se De Benedetti davvero lascia, chi prenderà il suo posto? Non il figlio Rodolfo, cui l’editoria non è mai interessata. Sembra che l’Ingegnere l’abbia chiesto a Ezio Mauro (il che sarebbe l’implicito commissariamento di una direzione non saldissima). L’ex direttore avrebbe rifiutato, ma De Benedetti non pare essersi ancora arreso. L’altra opzione potrebbe essere offrire all’ex direttore la vicepresidenza. Sarebbe, in ogni caso, il “modello Fattori”: Giorgio (il direttore con cui Mauro cominciò alla Stampa), che nel negli anni Ottanta divenne presidente e ad della Rizzoli. In quel momento il direttore del Corriere era Ugo Stille, ma era il suo vice Giulio Anselmi a “fare” il giornale. E non è un segreto che molte delle decisioni giornalistiche passavano attraverso un’idea di Fattori.
Lo strappo si potrebbe consumare già domani, giorno di convocazione del consiglio di amministrazione. Ma solo a patto che Ezio Mauro pronunci un identitario sì.