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 2017  giugno 22 Giovedì calendario

Così i bambini guardano Van Gogh (e il mondo)

I bambini guardano i quadri in modo del tutto diverso dagli adulti, una scoperta che può servire a ripensare percorsi museali e libri per renderli più a misura di bambino. Lo rivela uno studio di un giovane dottorando italiano in psicologia cognitiva, Francesco Walker, che oggi fa ricerca in Olanda, all’Università di Twente. «Lo sguardo dei bambini si focalizza subito sui dettagli più fisici di un dipinto, soprattutto il contrasto dei colori. Il loro sguardo si fa guidare – o meglio, rapire – dall’esterno» spiega Walker. «Nella classica contrapposizione tra natura e cultura, l’attenzione dei bambini verso un dipinto è naturale, “dal basso” perché guidata dagli stimoli visivi che emergono dalle proprietà oggettive del quadro, come i colori. Invece l’attenzione degli adulti è guidata dall’interno, dal cervello, dai ricordi. È un processo “dall’alto”, culturale: lo influenza ciò che già si sa sulla pittura e su certi pittori in particolare».
Quando poi il pittore è famoso come Van Gogh, questa differenza è ancora più marcata. «Ho scelto lui perché mi trovavo alla Vrije Universiteit di Amsterdam ed è stato facile ottenere la collaborazione del Museo Van Gogh» spiega Walker. «La ricerca mette insieme la mia passione per l’arte e i musei e la possibilità di usare speciali occhiali per tracciare gli sguardi. Questo che ho realizzato con il professor Jan Theeuwes, uno dei massimi esperti mondiali d’attenzione, e altri colleghi è il primo studio che confronta le differenze di sguardo tra adulti e bambini in ambiente museale».
Nella prima fase dell’esperimento, descritto su Plos One, Walker ha chiesto a 12 bambini (età media 11 anni) e 12 adulti (tra 20 e 29 anni) di guardare cinque dipinti di Van Gogh, senza premettere informazioni specifiche sul contenuto. I risultati ottenuti dagli occhiali traccianti sono stati aggregati in una “mappa degli sguardi” per ogni quadro.
«Le differenze tra le mappe di adulti e bambini sono rivelatrici» commenta Walker. «Con un software abbiamo calcolato quali sono le zone dei cinque dipinti che hanno i contrasti più evidenti, e abbiamo visto che le aree più guardate dai bambini tendono a coincidere con queste zone. Gli adulti invece non guardano queste aree in modo preponderante: la loro attenzione è influenzata dal loro background culturale, da ciò che già sanno sull’arte – ad esempio che la parte centrale di un quadro è spesso quella più importante – e si orientano su oggetti ad alto valore simbolico come le case». Nella seconda fase dell’esperimento Walker ha letto cinque descrizioni dei quadri, molto semplici per essere capite da adulti e bambini, che evidenziavano alcuni particolari. E poi ha chiesto ai soggetti di guardare ancora le opere.
«Le mappe degli sguardi degli adulti sono cambiate leggermente, quelle dei bambini molto di più» racconta Walker. «Inizialmente i loro sguardi dei bambini sono andati agli oggetti nominati nelle descrizioni – case, fiori, cancelli o mucchi di paglia – mostrando che anche i bambini sono capaci di esercitare un’attenzione intenzionale, guidata dal cervello. Ma a poco a poco gli sguardi dei piccoli sono tornati sulle parti con colori più contrastanti, come se la curiosità guidata dai dettagli esterni fosse per loro troppo forte per essere trattenuta a lungo». Sviscerare ancora di più le differenze nell’attenzione di grandi e piccoli potrà avere un impatto sui sistemi didattici: «Ad esempio i testi scolastici pieni di illustrazioni: potremmo usare questi risultati per renderli a prova di noia. O studiare percorsi museali separati per piccoli e grandi per esaltare le caratteristiche delle due fasce d’età».