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 2017  giugno 22 Giovedì calendario

Il governo perde Bayrou, ora donne e più sinistra per disinnescare la bufera

PARIGI Emmanuel Macron disinnesca la prima tempesta del suo mandato e vara il nuovo governo francese orfano di François Bayrou – ex titolare della giustizia e di altri tre ministri, costretti alle dimissioni dalle polemiche giudiziarie delle ultime ore. La conferma dell’esecutivo, in teoria, avrebbe dovuto essere una formalità. Con la riproposizione quasi in fotocopia della compagine varata dopo le presidenziali. L’inchiesta preliminare aperta su Modem – il partito centrista di Bayrou, accusato di aver retribuito assistenti parlamentari in Francia con fondi europei – ha costretto però l’Eliseo a rimescolare le carte e procedere a un lifting radicale della squadra, tentando di salvaguardarne il look trasversale.
Il risultato dell’operazione è un governo con più tecnici, più donne e un asse spostato un po’ più a sinistra: Florence Parly, già ministra con Jospin, ha sostituito Sylvie Goulard (Modem) alla difesa. Nicole Belloubet – membro della Corte costituzionale di nomina socialista ha preso il posto di Bayrou mentre Nathalie Loiseau, direttrice dell’Ena, la scuola di amministrazione pubblica transalpina, ha sostituito Marielle de Sarnez – terza vittima dell’inchiesta sui centristi – agli affari europei. Il radicale di sinistra Jacques Mezard è passato dall’agricoltura alla coesione elettorale al posto di Richard Ferrand, braccio destro di Macron costretto a farsi da parte per l’ombra di un’inchiesta per conflitto d’interessi.
Modem ha ottenuto nel rimpasto due dicasteri minori e ha ribadito l’appoggio all’esecutivo: «Dimostreremo la nostra innocenza – ha detto Bayrou in una conferenza stampa – Ma mi sono fatto da parte per non esporre a critiche il presidente e il governo che sostengo». La sua posizione però era obbiettivamente difficile da sostenere. L’ex ministro della giustizia è l’autore della legge per «la moralizzazione della vita pubblica francese» messa a punto nelle ultime settimane. E l’apertura dell’indagine sul partito – anche se nessuno dei ministri dimissionari è indagato personalmente – rischiava di azzoppare in partenza la credibilità del progetto.
I guai di Modem non mettono in dubbio la solidità parlamentare della maggioranza del governo guidato da Edouard Philippe. Il trionfo elettorale ha regalato a La République en Marche la maggioranza assoluta con 308 seggi su 577 e il passo indietro di Bayrou – dicono le malelingue – ha liberato Macron dagli obblighi di coalizione con un partner un po’ ingombrante. I 42 parlamentari di Modem rimangono comunque a bordo. E qualche segnale di fumo verso l’Eliseo arriva pure dalla destra. Thierry Solére ha annunciato ieri la nascita di un nuovo gruppo parlamentare, i Repubblicani costruttivi, dove confluiranno 18 rappresentanti dell’Udi e una ventina di fuoriusciti dai Republicain e ha candidato esplicitamente la formazione al ruolo di ruota di scorta dell’esecutivo: «Voteremo le riforme che ci convincono, diremo no alle altre». Una riserva di voti cui attingere se e quando arriveranno tempi più duri di oggi.
Philippe può quindi dormire tra due guanciali, visto che la forza attrattiva del fenomeno Macron – malgrado la maretta di queste ore – sembra destinata a consolidare il consenso parlamentare del governo. «Mi fa piacere vedere che ci sono deputati fuori dal perimetro della maggioranza che sono disponibili a fare un’opposizione non sistematica», ha detto ieri sera sornione il primo ministro a Tf1. Il nuovo governo? «È in continuità con quello precedente, con parità uomini- donne, nomi della società civile, volti nuovi, giovani e una squadra coesa», ha aggiunto. Ora si tratta di farlo funzionare. I numeri in aula, in teoria, ci sono e sono ampi. I primi test allo tsunami Macron arriveranno però presto con la Loi Travail e le nuove regole sulla “moralizzazione” della politica.