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 2017  giugno 22 Giovedì calendario

Toshiba cederà i chip alla cordata giapponese

Sembra una cosa d’altri tempi: un intervento strategico del Ministero dell’Economia, Commercio e Industria giapponese per pilotare una soluzione industrial-finanziaria gradita e affossare alternative considerate pericolose per il sistema. Nel caso specifico, si e’ trattato della costituzione di un consorzio guidato a maggioranza da entita’ pubbliche e parapubbliche per conquistare la pregiata divisione chip messa in vendita da Toshiba, nel timore che le relative tecnologie avanzate (che trovano applicazioni anche militari) finiscano in orbita cinese. Una vera e propria strategia di politica industriale perseguita dalla mano pubblica dopo il fallimento – almeno in queste fasi preliminari – dell’appello lanciato alle altre aziende tecnologiche private giapponesi perche’ partecipassero all’operazione (alcune potrebbero farlo in seguito, ma per importi sicuramente modesti).
Fatto sta che Toshiba ha scelto ieri la cordata promossa dal governo del premier Shinzo Abe: il board del gruppo – in crisi finanziaria dopo scandali contabili e gravi problemi alla controllata americana nel nucleare Westinghouse (finita in Chapter 11) – ha deciso di condurre negoziati esclusivi con il consorzio promosso dal fondo parapubblico Innovation Network Corp. of Japan (INCJ) e dalla statale Development Bank of Japan (che insieme controllerebbero il 50,1% del capitale di Toshiba Memory), appoggiato dal gruppo americano di private equity Bain Capital (probabilmente al 33,4%), mentre il gruppo sudcoreano di semiconduttori SK Hynix partecipera’ in veste di finanziatore al pari di alcune banche. Lo stesso INCJ e’ un frutto di politica industriale governativa, che contribuisce a tenere a galla attivita’ tecnologiche sostanzialmente in perdita come Japan Display.
La proposta sponsorizzata dall’esecutivo – ipotizzata a un valore superiore ai 2mila miliardi di yen (17,9 miliardi di dollari) indicati dalla valutazione della stessa Toshiba – e’ stata preferita alle offerte alternative avanzate in particolare sia dall’americana Broadcom (in tandem con Silver Lake Partners) sia dalla taiwanese Foxconn. Quest’ultima, secondo le indiscrezioni, ha proposto in cordata un prezzo nettamente piu’ alto, ma hanno prevalso altre considerazioni, visti i timori del governo giapponese, che vede Foxconn troppo legata alla Cina (dove ha le sue principali ed estesissime operazioni). Inoltre Foxconn si e’ gia’ impossessata di un’altra azienda tecnologica giapponese finita in crisi, la Sharp. Che il settore dei chip sia strategico, lo dimostra anche il fatto che Pechino abbia investito molto per sviluppare una industria dei semiconduttori, cercando anche importanti acquisizioni all’estero (alcune delle quali hanno incontrato ostacoli politici). Non c’e’ troppo da stupirsi che Tokyo non sia stata indifferente alla sorte del secondo produttore mondiale di chip.
La stessa Toshiba ha dichiarato di aver scelto la proposta migliore tenendo conto non solo delle valutazioni, ma di altri fattori come il mantenimento in Giappone di occupazione e tecnologie “sensitive”.
Toshiba conta di concludere entro il 28 giugno (data dell’assembea degli azionisti) l’accordo di vendita, necessario per rimettere in sesto le sue finanze ed evitare un delisting dalla Borsa di Tokyo, ma deve affrontare ostacoli insidiosi, a partire dall’opposizione dell’americana Western Digital, partner in una joint venture, che ha reagito alla notizia ribadendo la necessita’ del suo consenso e la volontà di bloccare l’intesa per via legale. Ieri il titolo Toshiba ha perso oltre il 2,2%, ma e’ reduce da una impennata di circa il 60% dai minimi dell’aprile scorso.