Corriere della Sera, 22 giugno 2017
Il super drone che vede tutto
Sasso Marconi (Bologna) Se lo chiami drone, Barbara, unica donna al mondo abilitata a pilotarlo, s’arrabbia. E la «s» stirata e allungata, tutta alla bolognese, si indurisce. «È un sistema di intelligence, non è un drone». E ha ragione.
Perché «Aquila 100», unico in Europa nel suo genere,oltre un milione di euro di tecnologia israeliana, è in servizio sulle navi, sulla striscia di Gaza, a caccia di eventuali missili ostili in arrivo, messo a sorvegliare dighe, porti e ferrovie, stadi e centri abitati, ed è capace di cose che i droni di oggi, anche i più evoluti, non si possono permettere. Aquila vede nitidamente a 10 o 12 chilometri di distanza un uomo nascosto in un bosco, di giorno e di notte. Una volta che lo ha agganciato e trasformato in preda ( target ) con il mirino che da blu si fa verde, lo segue, capisce se è armato o no, e con una combinazione di termocamera più diabolici sensori è in grado di rilevarne l’impronta della mano lasciata sulla corteccia di un albero.
Inoltre, e qui emerge un ulteriore punto di forza, Aquila può restare in volo anche un mese di fila, basta mettere la benzina nel generatore montato sul pick-up a terra, perpendicolare sotto di lui. Per capire meglio, quelli acquistati dall’Italia a suon di euro e in uso a militari e forze dell’ordine, stanno in volo poco meno di 15 minuti, poi devono rientrare alla base. Quando, ed è successo già più volte, alla base nemmeno ci tornano perché precipitano. «Incidente aereo», sta scritto sulla relazione di servizio del drone caduto al G8 a Firenze (ha fatto il bagno in Arno). Così come è capitato a quello in volo sui cieli di Taormina, durante l’ultimo G7, e così come si è fracassato al suolo quello che ha cercato di mettersi sulle tracce di Igor il russo (che russo non è), l’assassino di Budrio inghiottito dalle afose paludi del Ferrarese.
A portare in Italia il super drone è stato Ugo Vittori, titolare dell’agenzia di investigazioni Eagle Keeper di Bologna, ex poliziotto della squadra mobile, investigatore vecchio stile, baffoni e capelli lunghi, oggi leader dell’antifrode applicata alle assicurazioni. Suo l’investimento, con partnership della israeliana Sky Sapience e del Centro costruzioni di Domenico Beccidelli, l’uomo che con la sua testardaggine ha salvato l’aereo di Stato del Presidente Sandro Pertini destinato alla distruzione.
Aquila 100 l’hanno visionato già polizia e carabinieri, questa notte la Guardia di Finanza, e pochi giorni fa persino i gruppi di élite dell’esercito. «Mai visto niente di simile», ha detto un ufficiale del Tuscania. Espressione pronta a ripetere anche l’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile che ha deciso di partecipare al progetto proprio dopo avere testato le qualità del quadricottero.
Le prefetture di Bologna e Modena stanno trattando per impiegarlo a protezione dei concerti dei Depeche Mode e di Vasco Rossi, si vedrà.
Intanto Barbara Manfredi, 42 anni e i Ray-Ban a specchio incollati sul naso, con Antonio Cavallone, Donato Giannini e Fabio Mangile, gli altri piloti come lei abilitati a governare Aquila, ogni giorno e ogni notte sale a Sasso Marconi e si allena. Per imparare a dirigere il super drone che sfida il vento forte c’è voluto un corso di un mese, metà in Israele e metà in Italia.
La potenza di quest’Aquila di carbonio e altri materiali speciali, spiega la ragazza, è nel Payload che vede tutto e in quel cavo che lo fa salire fino a cento metri, capace di trasferire ovunque nel mondo dati non intercettabili e che nessuno può oscurare. Sì, Barbara ha ragione, non chiamatelo drone.