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 2017  giugno 22 Giovedì calendario

Ivanka e le scarpe cucite in Cina. Se per i Trump non c’è «prima l’America»

WASHINGTON C’è almeno una cosa che il governo cinese condivide con Donald Trump: l’adorazione per Ivanka. Passione ricambiata dalla figlia prediletta del presidente: per ambizione politica e per interessi economici personali. Le prove? Due notizie complementari arrivate ieri. La prima: la consigliera è stata invitata in visita ufficiale a Pechino, insieme con il marito Jared Kushner, anche lui advisor speciale della Casa Bianca. Non si conosce ancora la data del viaggio, probabilmente verso la fine dell’anno.
Nello stesso tempo il «Guardian» rivela che la Huajian International, una fabbrica di Ganzhou, nella Cina sud orientale, continua a produrre scarpe per la linea «Ivanka Trump Marks», oltre che per altre firme dell’abbigliamento, come Karl Lagerfeld e Coach. Tre attivisti collegati al «China Labor Watch» di New York avevano denunciato una serie di violazioni in quell’impianto: operaie maltrattate, paghe sotto il minimo salariale, turni superiori alle 10 ore al giorno eccetera. Il primo giugno i tre vengono arrestati. Imbarazzo a Washington. Solo dopo una settimana la società di Ivanka Trump diffonde un breve comunicato: «Non produciamo in quella fabbrica dalla fine di marzo e siamo impegnati a collaborare solo con aziende che rispettano gli standard di lavoro riconosciuti a livello internazionale». Il Dipartimento di Stato ha chiesto alle autorità di Pechino di rilasciare gli attivisti. Ma il «Guardian» ora scrive che, in realtà, l’impresa di Ivanka non avrebbe interrotto gli ordinativi. Il quotidiano britannico fa riferimento a una commessa per un lotto di 1000 calzature, ricevuta il 14 aprile e da consegnare entro il 30 maggio. Può darsi che sia solo una coda di arretrati oppure che sia, invece, la prova di una bugia pubblica. Sicuramente è un altro pasticcio, nell’alveo di un conflitto di interessi permanente, che si sta dimostrando irrisolvibile nonostante le severe leggi americane e i comitati etici di controllo.
I media statunitensi hanno raccontato come nelle cene di Mar-a-Lago con il presidente Xi Jinping, tra il 6 e il 7 aprile Ivanka mescolasse con grande disinvoltura temi pubblici e interessi privati. I missili della Corea del Nord e le licenze per una catena di spa e una linea di borse e di gioielli, da aggiungere agli altri 16 brand registrati a Pechino. Secondo il «New York Times», «l’Ivanka Trump Marks» ha ottenuto dai cinesi il via libera per quattro marchi commerciali nel 2017, cioè da quando il padre siede alla Casa Bianca. Ed è solo l’inizio: la società, da marzo presieduta da Abigail Klem, ha presentato altre 32 richieste.
Gli elettori del Nord industriale americano hanno votato Trump anche con il mandato di ridimensionare l’espansionismo del Dragone. Però la Cina cresce, eccome, nella mappa geo economica tutta personale di Ivanka. Il suo dominio era valutato 50 milioni di dollari nel 2016, stando alla dichiarazione dei redditi presentata dal marito Jared. Nei prossimi mesi sarà interessante mettere a confronto l’incremento dei redditi di impresa e i progressi diplomatici degli Stati Uniti. Da marzo a oggi, ha dichiarato la manager Klem, le vendite complessive della società in tutto il mondo sono aumentate del 21%.
I rapporti tra Cina e Usa, invece, restano macchinosi. Trump sta ancora aspettando che Xi Jinping «dia una mano» per risolvere la crisi con i nord coreani.