Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  giugno 22 Giovedì calendario

L’ordinanza sotto accusa e gli errori dei poliziotti. Ma ora pesa la fase due di M5S nel Comune

La foto di gruppo scattata nel nome della concordia istituzionale è subito ingiallita. Era il mattino dopo la tragedia di piazza San Carlo. Le tre massime autorità cittadine insieme, nel momento più difficile, 1.527 feriti, una strage sfiorata, la povera Erika Pioletti in un coma che si rivelerà irreversibile.
Peccato che da quel momento il prefetto Renato Saccone, dopo essersi fatto i complimenti da solo, elogiandosi per il successo dei controlli antiterrorismo, sia sparito. Mentre il questore Angelo Sanna e la sindaca Chiara Appendino abbiano cominciato a rimpallarsi per interposta persona le accuse. Fino alla pericolosa serata di lunedì, quando gli agenti del Reparto mobile hanno fatto irruzione in piazza Santa Giulia, uno dei luoghi torinesi dell’aperitivo, per intimare il rispetto dell’ordinanza che vieta la vendita degli alcoolici da asporto dalle 20 alle 6 del mattino. Un provvedimento varato sull’onda emotiva di piazza San Carlo e accolto con perplessità in questura per via del draconiano orario di inizio del coprifuoco etilico, che secondo molti poliziotti rende quasi impossibili i controlli, aumentando a dismisura i luoghi da sorvegliare. I Cinque Stelle hanno attaccato a testa bassa il questore, i sindacati di Polizia hanno denunciato «il deficit di consapevolezza degli amministratori locali il cui obiettivo prioritario è quello di non perdere consensi». Concordia istituzionale, chi era costei.
Le immagini di lunedì sera parlano chiaro. La scelta di mandare poliziotti in tenuta antisommossa laddove non ce n’era bisogno, per altro a pochi metri di distanza dal centro sociale protagonista in questi anni delle lotte No Tav, e di fargli tenere un comportamento aggressivo, non spetta alla sindaca.
L’ordine pubblico viene gestito, o almeno dovrebbe, dalla questura e dalla prefettura. La goffa incursione di piazza Santa Giulia è un altro frutto avvelenato dei fatti di piazza San Carlo. Anche l’ordinanza in questione viene percepita dagli stessi torinesi come un riflesso pavloviano di quel dramma più che un tentativo di regolare la movida.
Chiara Appendino ha commesso almeno un errore politico. In difficoltà dopo piazza San Carlo, ha riequilibrato il peso della sua giunta, cedendo alle pressioni del Movimento Cinque Stelle che contestava la gestione dirigista di Paolo Giordana, l’onnipotente capo di gabinetto, unica architrave possibile del primo anno di governo della cosiddetta supersindaca. A detta dei suoi detrattori, quella concentrazione di potere relegava assessori e gruppo consiliare al ruolo delle belle statuine. Il cambio di rotta è avvenuto in sordina. Che sia Rasputin o Richelieu, Giordana conosce però la macchina amministrativa, ha una competenza che è merce rara in una compagine di neofiti. Non è un dettaglio da poco, in una giunta dove la delicata delega alla Sicurezza dismessa da Appendino, quindi da Giordana, è andata all’assessore allo Sport Roberto Finardi, valido ex atleta, insegnante di educazione fisica. Non proprio un tecnico.
Lo scorso 3 giugno è avvenuta una tragedia, per la quale è giusto cercare le singole responsabilità. Ma Torino non è diventata all’improvviso una landa desolata dove si combattono bande rivali. Sarebbe il caso di calmarsi. Sarebbe il caso che ognuno facesse la sua parte e tutti ricominciassero a fare il proprio lavoro, per evitare di restituire all’esterno un’altra immagine, si spera falsa. Quella di una città senza guida.