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 2017  maggio 26 Venerdì calendario

Tra Roma e Bruxelles: tutti i punti chiave del negoziato con l’Ue

1 Che cosa sta succedendo a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca?
Le due banche venete si trovano oggi ad affrontare un fabbisogno di capitale di 6,4 miliardi di euro, un gap indicato dalla Vigilanza unica europea (e confermato da Bruxelles) che servirebbe a riportare in equilibrio i ratio patrimoniali in vista di una potenziale fusione e a coprire le perdite derivanti dalla cessione di circa 10 miliardi di sofferenze nette. Per procedere, dunque, le banche propongono di apportare nuovo capitale attraverso il contributo del fondo Atlante (938 milioni già versati), convertire i bond subordinati (per circa 700 milioni) e iniettare 4,7 miliardi da parte dello Stato, nell’ambito della cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale.
2 Perchè l’impianto proposto dalle due banche venete oggi vacilla?
Nel corso degli ultimi incontri effettuati a Bruxelles con il management delle due banche, i funzionari della Dg Competition avrebbero evidenziato la necessità di ridurre il contributo da parte dello Stato da 4,7 a 3,7 miliardi. Visto che rimarrebbe mantenuto intatto il fabbisogno finale (pari a 6,4 miliardi), il contributo a carico dei privati, attualmente pari ai 940 milioni di Atlante più i 700 milioni derivanti dalla conversione dei bond subordinati, deve salire dunque di un altro miliardo. Tutto questo perché negli ultimi passaggi della trattativa sarebbero state riviste le valutazioni delle sofferenze che al 31 dicembre facevano capo alle due banche. Ciò ha l’effetto di generare perdite che però non possono essere coperte dallo Stato. Il problema è che al momento appare difficile, se non impossibile, che i privati apportino il miliardo mancante, che è destinato a essere bruciato. Da qua il tentativo di Roma di esplorare tutte le strade, sia verificando i margini di trattativa con Bruxelles sia testando il sistema bancario italiano in vista di un possibile nuovo apporto. Alcune fonti segnalano che sarebbe allo studio anche un possibile parziale coinvolgimento dei detentori dei bond senior delle due banche, ma l’ipotesi rischia di generare effetti a catena sui bond senior di altre banche, per questo lo scenario appare residuale.
3 Quale è la soluzione a cui punta il Governo?
Il tentativo del Governo è di far sì che il salvataggio delle due banche venete rimanga nell’alveo della cosiddetta “ricapitalizzazione precauzionale”. Di fatto si tratta di una misura prevista dalla normativa europea (Bank Recovery and Resolution Directive, Brrd) che in casi eccezionali, e per rimediare a una grave perturbazione finanziaria, prevede il rafforzamento del patrimonio di una banca tramite un sostegno pubblico straordinario, di natura cautelativa e temporanea, a condizione che la banca sia solvibile e che l’intervento sia approvato in base alle regole sugli aiuti di Stato. Le regole prevedono che l’intervento dello Stato possa essere effettuato solo dopo aver convertito in azioni le obbligazioni subordinate secondo il principio di “condivisione degli oneri” (o burden sharing). Solo qualora le obbligazioni subordinate siano state vendute a clientela al dettaglio (retail) non rispettando corrette regole di trasparenza, è possibile attenuare gli effetti dell’applicazione del principio di “condivisione degli oneri” attraverso eventuali rimborsi.
4 Che cosa succede se non si trova il miliardo dai privati?
Il tentativo per trovarlo è in corso. E non è detto che non si trovino alternative. Certo è che senza il miliardo, e quindi senza un intervento di ricapitalizzazione, le due banche si troverebbero nelle condizioni di non essere ritenute solvibili, visto che non rispetterebbero i requisiti patrimoniali minimi (requisiti di primo pilastro). In questo scenario, le due banche venete andrebbero incontro all’attivazione della procedura di risoluzione.
5 Come funziona la risoluzione?
Avviare una risoluzione significa far scattare un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – il cosiddetto Srm – che, attraverso l’utilizzo di tecniche e poteri offerti ora dalla Brrd, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti.
6 La risoluzione è uguale al bail-in?
No, il bail-in è uno degli esiti possibili della procedura di risoluzione, che può prendere forme diverse: a) la vendita di una parte delle attività ad acquirenti privati; b) il trasferimento temporaneo delle attività a una bridge bank; c) il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo ad hoc (bad bank); d) l’applicazione del bail-in, appunto, ossia la svalutazione di azioni e crediti i in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
7 Che cosa rischiano i risparmiatori?
Con l’applicazione del bail-in, è previsto che prima del coinvolgimento del Fondo di Risoluzione ci sia una riduzione del valore nominale non solo delle azioni e delle obbligazioni subordinate, ma anche, potenzialmente, dei titoli di debito più senior, quali le obbligazioni ordinarie e i depositi di importo superiore ai 100.000 euro. Il ministro del Mef, Pier Carlo Padoan, ha comunque rassicurato affermando che «il bail-in è una ipotesi esclusa».
8 Qual è la posizione di Bruxelles rispetto al futuro delle due banche venete?
Lo scontro tra Roma e Bruxelles è in atto. Da più parti si segnala come a Bruxelles e a Francoforte stia crescendo l’opinione che i due istituti veneti non abbiano futuro in un mercato sempre più competitivo. La stessa responsabile della Vigilanza Unica europea, Danièle Nouy, aveva sottolineato che «in casi particolari il consolidamento può anche prendere la forma dello scioglimento delle banche, se non diventano sostenibili».