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 2017  maggio 23 Martedì calendario

E adesso è la Francia a guidare la classifica sull’imposta prima casa

ROMA La Francia con la sua rigorosa taxe fonciere che le consente di drenare più di 2 punti e mezzo di Pil, è in testa alla classifica europea delle imposte sulla casa. La Germania, con la Grundsteuer, molto più in basso con uno 0,4 per cento del Pil, è al ventunesimo posto in Europa: un livello che ha contribuito al mito degli ultimi anni della “casa a Berlino”. L’altro caso è quello londinese, ormai virtualmente fuori dall’Unione: è al sesto posto per pressione fiscale sulla casa, ma la Council tax è un fenomeno di chiarezza, non si paga sulla proprietà ma sul possesso, perché è il corrispettivo dei servizi pubblici ottenuti.
E l’Italia? Dopo la riduzione del governo Renzi, è in media con l’Eurozona, sta intorno al decimo posto e, come la Spagna, raccoglie circa 1,2 per cento del Pil. C’è tuttavia un aspetto che distingue la Penisola: dopo l’intervento del governo Renzi, con l’abolizione della Tasi-Imu dal 2016, siamo gli unici in Europa (con l’eccezione di Malta) a non pagare la tassa sulla prima casa.
Proprio per questo motivo Bruxelles, ma anche l’Fmi e gli altri organismi internazionali, ci tengono nel mirino: reintroducete la tassa sui patrimoni immobiliari, ha raccomandato, ancora una volta ieri all’Italia la Commissione europea. Almeno fatelo per i più ricchi. Lo schema teorico degli organismi comunitari è noto: più tasse sul patrimonio (Tasi- Imu) e sui consumi (Iva) e meno sul lavoro (cuneo fiscale). Così c’è più sviluppo.
Il ministro Padoan, stavolta prima ancora di Renzi, dice “no” a modifiche, spiegando che non si può cambiare idea così frequentemente, specialmente sulle tasse. Non ha torto, almeno sul metodo: negli ultimi anni abbiamo varato almeno nove riforme. Cominciammo nel 1992, in piena crisi finanziaria, con il debutto dell’Isi (Imposta straordinaria sugli immobili), poi diventata Ici, quindi Imu, Tasi. Un’altalena costellata da polemiche, scontri, file ai Caf, casi come quello della mini-Imu.
Peraltro il caso, come una involontaria bomba ad orologeria, scoppia a tre settimane dalle elezioni comunali: si vota l’11 giugno in mille Comuni e il 16 si paga la fatidica tassa che, in fin dei conti, è una imposta sulla quale i sindaci mettono la faccia. Tema ad alta sensibilità anche perché sono circa due anni che gli italiani non pagano più la Tasi-Imu sulla prima casa e il risparmio, calcolato dalla Uil servizio politiche territoriali, è in media di 198 euro a testa per ciascuno dei 19 milioni di proprietari. Ma se questa è la media della Penisola, nei grandi centri il sollievo per chi possiede la prima abitazione è maggiore e può raggiungere, anche in questo caso in media, circa 431 euro.
Si può replicare a Bruxelles che in realtà per le “prime case” di lusso e per le ville la tassa non è stata mai abolita, ma è chiaro che il taglio “lineare” effettuato dal governo dal 2016 non tiene conto del reddito dei proprietari e spesso risulta poco equo. Del resto quando Renzi decise di eliminare con un colpo netto la Tasi- Imu prima casa, sganciando agli italiani un assegno di quasi 4 miliardi, ci si accapigliò. A molti sembrò un regalo ai più abbienti: si propose così, in alternativa, di tornare alle detrazioni progressive di Prodi del 2008 che azzeravano quella che allora si chiamava Ici ma solo per il 40 per cento delle famiglie; oppure addirittura al meccanismo di Monti, che reintrodusse la tassa sulla prima casa dopo la parentesi “abolizionista” di Berlusconi, garantendo una detrazione forfettaria di 200 euro. Si propose anche di graduare l’esenzione dall’Imu prima casa legandola all’Isee, il reddito che serve per accedere ai servizi sociali oppure di eliminarla per il 17 per cento di italiani che pagano il mutuo sulla prima abitazione. Insomma: cancellare la tassa progressivamente, garantendo solo ai redditi più bassi una completa esenzione.
Come pure si agita da tempo il tema dell’equità della imposizione sugli immobili: le rendite catastali sono datate anteguerra. Bruxelles da sei anni – e ieri lo ha rifatto – sollecita la revisione del catasto, ma la questione si è solo affacciata nell’ultimo Def.