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 2017  maggio 19 Venerdì calendario

Gli chiedono i documenti, africano li accoltella

La politica con la erre moscia, quella che discorre di integrazione e giustizia sociale ma osservando la metropoli dagli attici del centro, si era scandalizzata per quell’operazione di controllo disposta dalla questura in Stazione Centrale a Milano, così poco elegante. E lasciando sullo sfondo il fatto che decine di persone, di immigrati, avessero in quell’occasione aggredito le forze dell’ordine, quasi fosse un particolare senza importanza, persino il sindaco Beppe Sala s’era mostrato alquanto irritato, a suon di «sono stato avvisato all’ultimo momento» e «cercherò di capire i risultati raggiunti» e ancora «queste operazioni vanno concordate». Giusto ieri aveva ripetuto il concetto sulle pagine di Repubblica, il giornale che piace alla gente che (si) piace: «Il blitz alla stazione non è il nostro modello». Come se la sicurezza dei cittadini, la prevenzione del crimine, l’eventuale identificazione di malfattori fosse una questione di educazione istituzionale, o addirittura di schieramento politico. Baggianate. Il problema esiste. E se è vero che ingigantirlo a forza di cifre gonfiate serve a niente, sottovalutarlo o addirittura negarlo risulta altrettanto irresponsabile. 
Dimostrazione se n’è avuta purtroppo ieri in serata. Ancora a Milano. E, guarda il caso, ancora in Stazione Centrale. L’esatta dinamica è da ricostruire con precisione, ma la cosa è già sufficientemente chiara. Una pattuglia mista di quelle composte da due militari e un agente della Polfer che svolgono compiti di controllo ha fermato una persona. Erano circa le 20: sembianze nordafricane, il ragazzo si aggirava senza motivo apparente al piano ammezzato della grande stazione, davanti a un bar. A quanto pare, alla richiesta di documenti il giovane ha subito reagito. Estraendo un coltello. Un’azione repentina: ha lanciato il braccio armato più volte verso gli agenti, il poliziotto è stato ferito al braccio, i due militari invece sono stati colpiti uno al collo, l’altro alla clavicola. Subito altri agenti e militari sono accorsi. Hanno fermato l’assalitore. E prestato i primi soccorsi ai due feriti. Trasportati d’urgenza agli ospedali Fatebenefratelli e Sacco, le loro condizioni non destano preoccupazioni. Le ferite sono superficiali. È andata bene. 
Il feritore è stato naturalmente fermato. Nato in Italia da genitori marocchini, va per i ventun anni è dell’agosto 1996 ed era già stato arrestato a dicembre per spaccio di droga, sempre in Centrale. Ora rischia un’imputazione ancor più grave: un’azione di questo genere può configurare anche il reato di tentato omicidio, perdipiù ai danni di esponenti delle forze dell’ordine. Il fatto è che quest’episodio arriva a poche ore dalla cosiddetta “marcia per i migranti”, che domani porterà in piazza a Milano secondo le previsioni almeno diecimila persone. Una mobilitazione nazionale lanciata dallo stesso Comune, «contro il razzismo e la paura». E qui si torna alle considerazioni precedenti. Giusto: razzismo e paura non piacciono a nessuno. Ma l’impressione è che, d’altro canto, non si voglia comprendere come la sottovalutazione di quello che a torto o a ragione è diventato un vero problema sociale abbia la conseguenza addirittura di acuirlo. Di aumentare l’insofferenza delle persone che, con i problemi legati alla percezione d’insicurezza, ci fa i conti tutti i giorni. Dopo quest’episodio, ieri sera, il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha chiesto di annullare il corteo. Il sindaco Sala invece ha commentato: «Questo fatto increscioso non cambia il nostro modo di pensare, ma ci spinge a essere ancora più attenti sui temi della sicurezza». Appunto. 
Ma queste, alla fine, sono pippe. Al netto di alcuni e non così numerosi episodi di reale intolleranza, la gente intendendo con questa parola identificare coloro che tutti i giorni si svegliano, vanno a lavorare, tornano a casa, magari hanno una famiglia e non parlano nei talk-show o in teatro la gente vuole solo che i delinquenti siano per quanto possibile messi nella condizione di non nuocere. E certo nessuno può pretendere che, se si tratta di immigrati, questo rappresenti un’aggravante. Ma nemmeno un’attenuante. Accoglienza non può diventare sinonimo di accondiscendenza. Anche se fa rima.