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 2017  maggio 19 Venerdì calendario

Svetlana Zakharova: «Da quando sono madre ballo in modo diverso. E mi sento in colpa se ho impegni di lavoro»

Un gesto improvviso, le braccia si staccano dal busto e fluttuano nell’aria. Esprimono una femminilità gioiosa. Il volto di Svetlana Zakharova si illumina, gli occhi chiari le ammorbidiscono i lineamenti del volto. Osservarla a pochi centimetri è un’emozione, un assolo di un mito della danza. Si schermisce al paragone. «La percezione è del pubblico. In sala prove sono solo un’allieva: lavoro, impegno e testa. Mi correggo e mi faccio correggere. Se pensi di essere arrivata, una diva, il fallimento è in agguato. Mi rimetto ogni giorno in discussione». Siamo seduti uno di fronte all’altra, non in sala prove ma nella Sala Gialla del Teatro alla Scala, qui Zakharova ha dato vita con Roberto Bolle («tra i mie partner preferiti: solare, positivo, pura energia») al balletto Progetto Handel, nuova coreografia di Mauro Bigonzetti, domani sera in prima assoluta; grande attesa per il ritorno della coppia, primi ballerini étoile del Teatro.
La metamorfosiIl gesto improvviso delle braccia lunghe e diafane, era una risposta. Non anticipava ciò che danzerà alla Scala ma come lo danzerà. L’universo artistico della ballerina russa classe 1979 infatti si è trasfigurato dopo la maternità. «Quando ho saputo di aspettare Anja (la bimba avuta sei anni fa da Vadim Repin, il violinista russo con cui è sposata, eccelso archetto della scena mondiale ndr) ero al settimo cielo. Anche perché – aggiunge scherzando – potevo riposarmi un po’. Ma ero sicura di ritornare a danzare, come altre colleghe». Lo ha fatto, trasformata. «La maternità è qualcosa di magico. Nulla più è stato identico. Cambiata come donna e artista. Ogni ruolo, ogni movimento; in scena differente anche il rapporto fisico con i partner». Giselle, Bella addormentata o Carmen, quelle sono, però. «Cambia il modo di viverle. Non interpretavo più delle emozioni, ma le trasmettevo al pubblico, naturalmente. Nell’innamoramento di Giselle entrava anche la disperazione della madre perché lei, tradita, impazzisce di dolore; Carmen, la seduzione e l’abbandono. Il corpo ha iniziato a vibrare in maniera differente, anche rispetto alla musica». Ma la partitura è scritta, cambiano esecuzione e tempi... «Quando non ero mamma, badavo solo all’esattezza dei tempi». Come a dire: caro direttore prova a sgarrare e a farmi sbagliare una piroetta. «Prima, a ogni attacco del direttore, doveva corrispondere il gesto perfetto. Dopo la maternità è diventato imprescindibile il suono. Attraverso la melodia potevo entrare in un’altra dimensione». Basta vederla danzare. Come in Two as one, ideato con il marito eal debutto nel 2013 in Svizzera al Saint Prex classics festival: assieme in scena con brani danza-suonati all’unisono; tra questi Il cigno di Saint-Saens, le braccia di Svetlana vibrano nell’aria, le punte oscillano mentre l’archetto di Vadim scorre sulle corde. Lo spettacolo ha girato il mondo e conquistato il pubblico giapponese in occasione del trentesimo della Suntory Hall di Tokyo: «nessun danzatore ci aveva mai ballato prima».
La nascita di Anja ha cambiato la vita dell’étoile anche nella gestione della quotidianità: non è semplice essere artista e madre. «Cambiate le priorità. Se di giorno ho prove, o una recita la sera, appena rientro a casa (vive a Mosca ndr) penso solo a lei. Mi rendo conto di essere permissiva, ma mi sento in colpa per le mie assenze. Se scappa la birichinata, le faccio capire che ha sbagliato, ma non la punisco. Del resto è una bimba, intelligente e concentrata. Quando studia (si sta preparando all’equivalente della nostra prima elementare ndr) è diligente. Dovrò pure perdonarle qualcosa. Sono meno severa di quanto lo fosse mia madre con me, sin da quando mi portò a 10 anni a scuola di danza. In realtà lo è ancora adesso».
La severitàLa mamma di Svetlana insegnava balletto a Lutsk dove la futura étoile è nata da padre musicista («diplomato al conservatorio in tromba») e ufficiale dell’Armata rossa; a 10 anni entra nella Scuola di Kiev («pensare che non volevo fare la ballerina»); poi a San Pietroburgo: vince il Premio Vaganova ed entra nell’omonima e prestigiosa scuola; nel 1996 entra nel balletto del Teatro Mariinskij; l’anno seguente ne diventa prima ballerina; nel 2003 lo diventerà pure del Bolshoi di Mosca; nel 2005 il premio Benois de la Danse e l’onorificenza di Artista Emerito di Russia. Putin la elegge tra gli happy few simbolo della nuova immagine della Russia: nel 2006 è nel Consiglio per cultura e arte della presidenza e nel 2008, nella Duma per una legislatura di quattro anni, deputato di Russia Unita. «Esperienza importante e impegno gravoso. Dovevo conciliare danza e politica. Due lavori. Poi con la nascita di Anja avrei sacrificato il mio ruolo di mamma. Quando mi hanno chiesto di rinnovare il mio impegno ho declinato».
Io e Putin
Tra i progetti nati in quegli anni, quelli legati alla formazione dei giovani. Oggi Zakharova li ha concretizzati in una fondazione charity attraverso il Festival Svetlana, nel 2017, la terza edizione. «Vi partecipano da tutta la Russia scuole e accademie di danza professionali e amatoriali. Si accede solo dopo una rigida selezione. La formazione dei giovani in Russia è fondamentale. Esempio è Sirius, campus voluto da Putin nel villaggio olimpico di Sochi, dove sono responsabile del balletto: lì si coltivano i giovani talenti: dai danzatori ai matematici». Se Anja diventasse ballerina, cosa ne pensa? «Sarei felice. A volte ne è certa, di solito dopo avermi visto in scena (la segue spessissimo ndr). Il giorno dopo cambia idea, troppo faticoso, dice. Tutto può accadere». Basta pensare come Svetlana si è innamorata di Vadim. «A Mosca a un gala. Vadim suonava la Carmen Fantasie di Waxman, io avevo appena interpretato la Carmen di Alonso. Folgorata dalla sua interpretazione sono andata a congratularmi. Quel suono mi aveva fatto vibrare l’anima. Come accadde ancora oggi».