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 2017  maggio 18 Giovedì calendario

Utili: 665 mila euro. Tasse: 2 euro. Esportata anche la tesoreria del quotidiano Le Parisien

Non lo sanno né i giornalisti né tampoco i lettori del Parisien, il quotidiano più popolare e più diffuso di Parigi (vende circa 200 mila copie «payant», cioè vere) che fino al 2015 apparteneva alla signora Marie-Odile Amaury, vedova del fondatore, e ora è una delle griffe giornalistiche, chiamiamole così dato il contesto, che fanno capo al re della moda, quel Bernard Arnault, che ha appena presentato un bilancio sfolgorante (35,7 miliardi di euro) della sua holding Lvmh (con dentro decine di marchi italiani, da Bulgari a Fendi a Loro Piana) che alla Borsa di Parigi ha superato tutti, anche il colosso petrolifero Total, ed è diventata la società più capitalizzata (1.116,7 miliardi di euro alle quotazioni della settimana scorsa).
Qual è il segreto finanziario del Parisien? La sua tesoreria, quella che serve a pagare dipendenti e fornitori, è stata spostata in Belgio, sui conti che fanno capo alla Lvmh Finance Belgique, una delle tante società-scatola del gruppo Arnault appositamente create allo scopo di ottenere il massimo della cosiddetta efficienza fiscale, cioè per pagare meno tasse.
Non si tratta di una cifra enorme (rispetto allo standard finanziario del colosso «qui représente la France dans le monde» per dirla con le parole ispirate di Arnault), una ventina di milioni di euro.
E non è un illecito, anche se la manovra non è sfuggita ai segugi del Canard Enchaîné, il terribile settimanale satirico che ha scoperto il «Penelopegate» del candidato repubblicano François Fillon (e gli ha, di fatto, tagliato la strada all’Eliseo), che in passato aveva scoperto la multa da 400 milioni di euro inflitta dal Fisco francese sempre ad Arnault (per la fallita scalata al gruppo Hermes: vedere ItaliaOggi del 13 ottobre 2016) e che, ora, prende spunto da questo délestage, lo spostamento in Belgio, della cassa del quotidiano popolare parigino per raccontare, sul numero uscito ieri mercoledì 17 maggio, le abitudini fiscali disinvolte del gran patron della moda e del lusso.
Vediamo. Al centro di questa «chouette opération d’optimisation fiscale», di questa graziosa operazione come la definisce con ironia il settimanale, c’è una vera idrovora finanziaria, la Lvmh Finance Belgique, che nel 2008, anno della sua creazione, aveva in cassa poco più di un milione di euro e oggi ne ha 17,1 miliardi, quasi la metà dell’intero giro d’affari del gruppo.
Poi ci sono altre società di contorno: la Peigné SA, holding personale di Arnault, la Willinvest, la Courtinvest, la Cervinia SA. Tutte con la medesima caratteristica: pagano pochi euro di tasse. La Peigné, per esempio, a fronte di utili per 665mila euro, l’anno scorso ha pagato 2 euro, la Courtinvest 1 euro. Il tasso medio d’imposizione fiscale sulle holding belghe di Arnault, scrive il Canard, è dello 0,3%. Da far impallidire i fiscalisti di Apple.
E lui, l’Arnault nazionale, come si difende? Interpellato dal Canard ha preferito «ne pas commenter», non rispondere. «Excès de pudeur patriotique, sans doute», eccesso di pudore patriottico, ha commentato, perfido, il settimanale.
@pippocorsentino