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 2017  aprile 27 Giovedì calendario

Mercato, va di moda la clausola. È a doppio senso e porta soldi

È entrata nel nostro lessico quotidiano nove mesi fa quando per Gonzalo Higuain abbiamo sacrificato fiumi d’inchiostro per il suo passaggio dal Napoli alla Juventus. La parola magica è «clausola». L’aggettivo che l’accompagna è «rescissoria». Così per chiarire che nessuno da Torino ha effettuato una rapina a mano armata: semplicemente è andato in banca e ha compilato un bonifico da 94 milioni, 736 mila euro. A giudicare dall’artifizio a cui molti presidenti stanno ricorrendo in sede di discussione di rinnovo dei contratti, fra un po’ la clausola ce la ritroveremo come voce nel paniere Istat.
È l’ultima tendenza del calciomercato, in quanto trend diffuso ormai applicato a campioni come a giocatori di medio livello, ad attaccanti ma pure ad allenatori. La clausola viene inserita per evitare scippi a basso costo: il presidente del Torino Urbano Cairo si è di recente pentito di aver fissato a 100 milioni il prezzo per l’estero del Gallo Belotti. Chi a dicembre poteva immaginare che il rendimento dell’attaccante fosse così continuo da creare il trono di capocannoniere con 25 gol?
Non solo. Può essere contemplata, al momento di un prolungamento di contratto «sofferto», per offrire al giocatore una possibile via di fuga futura. Dopo i fuochi d’artificio di Wanda Nara che l’estate scorsa rese un reality la trattativa con il Napoli, l’Inter a ottobre ha allungato il matrimonio con Icardi ponendo la clausola di 110 milioni (per squadre non italiane) ed esercitabile entro il 20 luglio. Non è escluso che sia questa, cioè la clausola, la chiave che Fassone e Mirabelli utilizzeranno per addolcire Mino Raiola e indurlo a trattare il prolungamento del matrimonio di Donnarumma con i rossoneri (che com’è noto scadrà nel 2018). Ovvero: tu accetti la mia proposta, Gigio dimostra di avere riconoscenza nei confronti del club che lo ha lanciato in A (magari prendendo spunto da Buffon che, pur campione del mondo nel 2006, non abbandonò la Juve retrocessa) e io ti offro una via di fuga futura.
Per molti presidenti è una forma di tutela del patrimonio. I fratelli Della Valle blindarono Montella con una clausola da 5 milioni (da riscuotere anche dopo l’esonero) prima di fissare il prezzo per Kalinic: 50 milioni tondi (cifra che in effetti scoraggiò il Tianjin). Ora ne beneficia Eusebio Di Francesco, uno dei tecnici à la page del momento: non è un caso che sia in pole per il dopo-Sousa. Liberarlo dal Sassuolo costa 3 milioni, cinque in meno di Sarri a partire dal prossimo anno. Perché sempre a De Laurentiis, il re incontrastato delle clausole si torna: l’ha posta a Hysaj (50 milioni), a Rog (60), Maksimovic (55) e Zielinski (65). Si è dovuto astenere dall’applicarla a Insigne («lo avrei offeso se gliela avessi proposta» ha dichiarato) ma medita di «offrirla» a Mertens. A sua volta però ADL sarà costretto a pagare 1 milione a Sarri in caso di esonero.
Poi radiomercato favoleggia di clausole inavvicinabili: vuoi Messi? Sgancia 250 milioni. Sogni Bale che nell’ottobre scorso ha rinnovato fino al 2022? Paga 1 miliardo. Cifre (non ufficiali) che però sembrano più frutto di suggestione che di condizioni contrattuali. Gli allenatori la temono: vederla applicata ai propri giocatori sottintende una mancanza di progettualità. Se tutti hanno un prezzo nessuno è incedibile. Poi certo, come extrema ratio, esiste sempre la volontà del giocatore, libero fino all’ultimo di rifiutare il trasferimento e rispondere «no grazie». Sperarlo è auspicabile ma chi ci crede è perduto.