4 ottobre 1979
Il pacifismo di Carter
«Fino a pochi anni fa, le operazioni della superpotenza sovietica oltre i confini della sua sfera d’influenza venivano giùstificate con la necessità di contrastare l’imperialismo americano, il «gendarme del mondo». Ma Jimmy Carter è il primo i presidente degli Stati Uniti, dai i tempi di Herbert Hoover, che possa dire di non aver impegnato all’estero un solo soldato americano. Fra i suoi atti si ricordano invece la mediazione sul trattato di pace egizio - israeliano e il trattato di Panama, l’incontro di Vienna con Breznev e quel Salt 2 che riconosce ai sovietici la parità strategica o anche più della parità, mentre l’ambasciatore Anatolij Dobrynin è stato in questi anni il cittadino straniero più influente e persino più vezzeggiato a Washington. Il presidente «battista e predicatore» può essere stato molesto ai governanti sovietici con la sua campagna sui diritti umani nell’URSS, ma non ha minacciato mai un’eccezione al suo codice del non intervento militare, da quando una flotta russa prendeva fissa dimora nel porto di Luanda fino a quando i rivolgimenti dell’Iran hanno innescato la seconda crisi energetica. Non sarà stato solo per volontà soggettiva di Carter, poiché dopo il Vietnam qualsiasi intervento americano era poco verosimile, ma così è stato. E tuttavia i sovietici, in questo periodo, sono intervenuti dovunque in ogni occasione propizia (Alberto Ronchey sul Corriere della Sera. Sugli interventi sovietici nel mondo vedi notizia successiva)