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 2017  marzo 28 Martedì calendario

Berlusconi: i soldi a Mora un atto di generosità. Fede ne tenne una parte

Quello che alle tre meno dieci di pomeriggio si presenta al terzo piano del palazzo di giustizia di Milano, puntuale come uno svizzero e ligio come uno scolaretto, non è più il Silvio Berlusconi dei tempi delle Olgettine e delle feste tra Arcore e Palazzo Grazioli, ma un signore sobrio e distaccato, meno incline del solito alla battuta e al lazzo. Soprattutto, non più imputato ma, si potrebbe dire, ancora una volta “difeso” dalla procura che per anni ha accusato di persecuzione e che adesso invece lo chiama a testimoniare ritenendolo parte lesa di un presunto raggiro da 2 milioni e 800 mila euro messo in atto dai vecchi (ed ex amici) Lele Mora ed Emilio Fede. Nessuno scherzo con i cronisti, che pure lo acclamano e lo richiedono a gran voce, nessuna voglia di “gigionare”. E nemmeno di infierire. «Quei soldi li considerai un prestito infruttifero e quando vidi che non c’era più niente da fare per recuperarli, ritenni di non interessarmene più». Un vero signore. Anzi, «la persona più buona del mondo», come sottolinea il suo co-testimone e contabile storico, Giuseppe Spinelli. che tra i vari compiti aveva quello di pagare le Olgettine e di compilare gli assegni finiti a Lele Mora e a Emilio Fede che, per il “disturbo” di aver perorato la causa dell’amico al Cavaliere, si tenne per sé un milione. Quasi un’estorsione, secondo la Procura che vide in quella richiesta di denaro una specie di mezzo ricatto, o meglio una vera e propria “stangata” messa in atto dal “Gatto e la Volpe”, equivalente ora a un’accusa di concorso in bancarotta. «In azienda si diceva che Mora aveva restituito a Fede parte di un prestito che quest’ultimo gli aveva concesso – spiega Berlusconi – In ogni modo il signor Fede ha chiuso il sapporto con l’azienda e non ho più parlato con lui di questo e neanche con Mora che mi ha cercato a volte, ma io ho preferito non rispondere su suggerimento dei miei avvocati». Il pm Eugenio Fusco prova a girare il dito nella piaga e chiede che atteggiamento assunse quando seppe cosa era successo. Ma il Cavaliere rimane gelido: «Non c’è stato alcun atteggiamento. Il prestito è stato un mio atto di generosità».
Berlusconi, accompagnato dal suo medico personale, Zangrillo, e dal suo storico difensore, Ghedini, se ne va com’era venuto, senza dar retta ai giornalisti e con un’aria serena. Fuori c’è una Milano tranquilla e i finali cupi del “Caimano” sono solo un lontano ricordo per altro smentito. In fondo questo Palazzo non è più da temere.