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 2017  marzo 28 Martedì calendario

Trento, padre uccide i figlioletti e si butta nel dirupo

Gabriele Sorrentino, di 44 anni, è l’uomo che ieri ha ucciso i suoi due bambini di due e quattro anni. Poi s’è tolto la vita buttandosi da un dirupo e andandosi a schiantare dopo un volo di centocinquanta metri.  

In che parte d’Italia siamo?
A Trento. Qui, a ridosso del centro, è stato costruito un quartiere per ricchi, tutto vetri e verde. Si chiama Le Albere, lo ha progettato Renzo Piano. «Il luogo ideale dove vivere», «viali pedonali alberati e portici serviti da 9.000 metri quadrati di nuove boutique», «il profumo delle piante trentine che si mescola con il respiro internazionale dei poli culturali», il Centro Congressi, il Museo della Scienza (avveniristico), «una vita più luminosa...». Sorrentino, originario di Roma, ci abitava da due anni, aveva i suoceri a un passo, la moglie Sara Failla fa la veterinaria, lui adesso fa il consulente finanziario, in passato è stato carabiniere e pilota di elicotteri. Come sempre in questi casi i vicini sbigottiti parlano di un uomo estremamente gentile, «una famiglia da Mulino Bianco».  

Che cosa è successo?
Sorrentino aveva raccontato alla moglie di aver comprato l’appartamento in cui vivevano e che proprio ieri mattina sarebbe andato a firmare il rogito. Invece quello che era previsto era lo sfratto esecutivo per morosità. Sarebbe questo il corto circuito che ha portato all’esplosione di violenza, questa l’origine di quei problemi economici evocati dagli inquirenti. Anche se almeno per il momento gli investigatori — l’inchiesta è affidata alla squadra mobile diretta da Salvatore Ascione e coordinata dal pm Pasquale Profiti — non pensano all’ipotesi della premeditazione. Verso le sette del mattino la moglie era uscita di casa per andare al lavoro. Era Gabriele a occuparsi dei figli, perché lavorava come operatore finanziario e poteva farlo da casa. Li aveva vestiti di tutto punto, pronti per uscire, come faceva sempre. Accompagnava Alberto alla scuola materna Sacro Cuore, mentre il piccolo Marco probabilmente sarebbe stato con lui. Ma poi è accaduto qualcosa. Ha afferrato il martello e ha aggredito i suoi bambini nel soggiorno. Non si sa quanti colpi sono stati inferti, sarà l’autopsia a chiarirlo. Il duplice omicidio, secondo i primi accertamenti, si sarebbe consumato tra le 7.30 del mattino e le 10, l’ora in cui la macchina dell’ex carabiniere è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza mentre usciva dal garage. Poco prima di mezzogiorno la moglie è tornata a casa, in via della Costituzione 17, ed è salita all’ultimo piano. Ha aperto la porta ed è stata accolta da un silenzio assoluto. Il marito non c’era e i due bambini erano morti. La povera signora ha chiamato la polizia e ha telefonato alla figlia che era in gita in Spagna con la scuola. «Tuo papà ha ammazzato i tuoi fratellini».

S’è capito subito che era stato il padre?
Gli inquirenti hanno immaginato subito la verità, mentre la madre piangente raccontava a quegli estranei la loro vita. Un elicottero s’è alzato in volo e ha visto il Suv Volvo, che Sorrentino aveva appena acquistato, nel parcheggio dell’hotel Panorama, località Sardagna, poco fuori dalla città e oggi abbandonato. Un hotel effettivamente panoramico, posto in cima a un dirupo, con un belvedere per godersi il paesaggio. In mezzo a un cespuglio, dall’elicottero, hanno individuato il corpo. Sorrentino, dopo aver ammazzato i bambini, era corso qui, aveva posteggiato l’auto (nelle foto si vedono bene i due seggiolini dei piccoli figli sui sedili di dietro), aveva scavalcato la ringhiera e s’era lasciato andare.  

Ha lasciato scritto qualcosa?
Non ha lasciato scritto niente. Gli inquirenti, in conferenza stampa, hanno parlato di problemi economici. La casa è lussuosa, forse il capofamiglia non poteva permettersela. È strano il fatto che lei sia andata dal notaio a firmare il rogito senza di lui. E che proprio mentre si compiva quell’atto, Gabriele abbia fatto quello che ha fatto. La parola «follia» («momento di follia») risolve sempre tutto e ci mette l’animo in pace.  

Che cosa ci insegnano i precedenti?
Ad ammazzare i figli sono più spesso le madri, vittime di quella che viene chiamata «sindrome di Medea». Ma ci sono anche casi di padri che ammazzano i figli, spesso per questioni economiche, qualche volta anche in odio alle mogli. Gli ultimi casi riguardano un uomo di Altamura (Bari), Giuseppe Di Fonzo, 29 anni, che lo scorso novembre soffocò in culla la neonata Emanuela, di tre mesi. Pietro Spina, di 54 anni, che, sempre a novembre, s’è avvicinato al figlio autistico di 22 anni che stava dormendo e gli ha stretto una corda al collo premendogli poi un cuscino sulla faccia. Pochi giorni prima, a Cornigliano (Genova), il poliziotto Mario Agrosì ha ammazzato la moglie e le due figlie di 14 e 10 anni sparandogli in testa. Poi s’è tolto la vita. Scrisse all’epoca il Corriere della Sera: «Un uomo schiacciato dalla vita, dalle preoccupazioni economiche, dall’affanno per raggiungere obiettivi di benessere e tranquillità sempre più lontani, tanto che si era messo a giocare. Sperava di trovare nel colpo di fortuna la risposta alle sue difficoltà. Era diventato un giocatore compulsivo». Un anno fa, a Vaiano frazione di 250 abitanti di Castiglione del Lago (Perugia), Mauro Palmerini, informatore farmaceutico di 58 anni, ha ucciso i figli Hubert e Giulia (13 e 8 anni) tagliandogli la gola. La bambina fu sorpresa alle spalle, mentre stava guardando i cartoni. L’uomo poi si tolse la vita. Anche in questo caso c’è una storia di debiti e di equilibrio economico apparentemente impossibile da raggiungere.