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 2017  marzo 26 Domenica calendario

Il mondo di Bonatti, alpinista tutto genio e matematica

«Papà carissimo, sono sceso ieri dal K2, questa volta però per non tornarci più, ce l’abbiamo fatta finalmente», scrive Walter Bonatti il 4 agosto 1954 dal campo base della seconda montagna della Terra che da allora sarà ribattezzata «la montagna degli italiani». Bonatti ha 24 anni, è il più giovane degli alpinisti scelti da Ardito Desio e nella lettera scritta con inchiostro blu a papà Angelo dice che non può rivelargli chi sono i due arrivati in cima (Achille Compagnoni e Lino Lacedelli), «perché abbiamo fatto un patto d’onore». Aggiunge: «Comunque posso dirti in confidenza che uno di quei 2 non sono io».
La lettera è uno dei documenti che compaiono insieme con centinaia di foto inedite nell’ultimo libro edito da Rizzoli sul grande alpinista scomparso nel 2011. Sono taccuini inediti, cronache e immagini di Bonatti ordinate da Angelo Ponta, che ieri l’ha presentato al Museo Nazionale della Montagna di Torino.
Non una sede a caso, il Museo ha acquisito tutti gli archivi di Walter, compresa l’attrezzatura usata sia per le imprese sulle montagne sia nei leggendari viaggi finiti nei reportage di «Epoca» a partire dal 1965, quando Bonatti, firmando l’ultima impresa estrema (invernale in solitaria e lungo una via nuova della parete Nord del Cervino), disse «basta» a soli 35 anni. Svoltò vita: diventò un solitario esploratore per raccontare con articoli e immagini l’incontro con la meraviglia della natura.
E proprio ieri i direttori del museo, Aldo Audisio e Laura Gallo, hanno annunciato: «Gli eredi di Walter hanno deciso di conferirci anche tutte le medaglie, onorificenze e premi da lui ricevuti». Nel libro «Il sogno verticale» il curatore Ponta scrive: «Lo scopo era di offrire al pubblico immagini, documenti e testimonianze inedite dei “vent’anni gloriosi” dell’alpinismo di Bonatti». E Michele Serra nella prefazione: «Per molti di noi Bonatti è stato... l’uomo solo nello squasso degli elementi, nell’enormità del mondo». Si potrebbe aggiungere che Walter fu genio e regolatezza, contravvenendo al ruolo della genialità che si vuole lontana da schemi e regole. Era un alpinista matematico, un conservatore di memoria attraverso geometrie precise. Lo si ritrova in questo libro, che riporta i suoi taccuini, la precisione degli appunti, i disegni, l’elenco pressoché computistico delle sue imprese, con grado di difficoltà e compagni di cordata.
Perfino il «capo e la coda» della sua vita verticale fu precisa, aiutata forse dal destino: cominciò e finì su una vetta sormontata da una grande croce. A 13 anni fu in cima al Pizzo Formico nella Bergamasca e a 35 abbracciò la croce del Cervino. Il «matematico» Bonatti scrisse: «Noi facciamo dei sogni, la nostra immaginazione ci dà delle idee. Si tratta di scoprire se riusciremo a materializzarle oppure no».