La Stampa, 26 marzo 2017
Riso, le speranze legate alla produzione biologica
Le risaie italiane sono sull’orlo del precipizio a causa delle massicce importazioni in Europa dal Sudest asiatico. I risicoltori del Piemonte, dove si coltiva oltre il 50% dell’intera superficie italiana (complessivamente 237 mila ettari) hanno chiesto lo stato di crisi. Per Giovanni Perinotti, presidente di Confagricoltura Vercelli e Biella, «è stato toccato il fondo, la politica non ci ha difeso».
L’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero ha convocato un Tavolo Verde con tutti i rappresentanti del settore e il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà. A Vercelli è arrivato il viceministro alle Politiche Agricole, Andrea Olivero, che da Martina ha ricevuto la delega sul riso. Per contrastare la grave situazione si punta su due traguardi: chiedere con l’appoggio del ministro Calenda che Bruxelles attivi la clausola di salvaguardia contro l’import selvaggio a dazio zero dai Paesi Meno Avanzati (da 10 mila tonnellate nel 2009 a 511 mila nel 2016); sollecitare l’introduzione dell’etichettatura d’origine, perché oggi l’indicazione Made in Italy può essere apposta anche sul prodotto confezionato in Italia, ma coltivato altrove.
In questa versione aggiornata di «Riso Amaro» fa eccezione quello biologico, un fenomeno che sta conquistando i consumatori italiani: se ne coltivano 12 mila ettari tra Piemonte e Lombardia, produzione stimata 80 mila tonnellate. Resa a ettaro inferiore, ma i prezzi raggiungono anche gli 80 euro/quintale, quasi tre volte tanto quelli del riso convenzionale.