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 2017  marzo 26 Domenica calendario

Christian De Sica: «Papà mi lasciò alla fame, ma poi i cinepanettoni mi han dato da mangiare»

Primo appuntamento telefonico: “Sì, volentieri, ci sentiamo alle 15.30 per decidere dove e quando ci vediamo”. Va bene. Ore 15.30, questa volta risponde una donna: buonasera, sono del Fatto quotidiano, cerco Christian De Sica. “Non è possibile”. Sì, siamo d’accordo. “No guardi, lei deve telefonare a un altro numero, non a questo. Arrivederci”.
Silenzio. Incertezza. E ora?
Passano trenta secondi – reali –, squilla di nuovo il cellulare, dall’altra parte una voce maschile, molto divertita: “Sono Christian, non avevo detto nulla a Silvia (sua moglie), e lei come al solito fa muro, mi protegge dalle rotture di palle. A tra poco, le do l’indirizzo di casa”.
Roma assolata, primi veri caldi, quei caldi che attenuano molte storture cittadine, Ennio Flaiano concepiva solo luglio e agosto (“Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla”); però anche un marzo così dà le sue soddisfazioni. De Sica apre la porta, sorride, accoglie, i cani abbaiano (“Ora ne abbiamo dodici, sono la nostra passione”), sua moglie Silvia Verdone ride dell’incomprensione precedente e snocciola il più complice del “vi lascio soli, mi raccomando”.
State sempre insieme…
A Roma sì, non sempre quando sono in tournée o su un set, ma siamo complici da una vita, e qualcuna insieme l’abbiamo passata, siamo io e lei; io e lei abbiamo costruito tutto questo partendo dalla fame.
Quando accenna questa storia della povertà, a volte si ha la sensazione solo della leggenda.
Leggenda un corno! Abbiamo proprio sentito i crampi allo stomaco. Quando ci siamo conosciuti mio padre era morto da poco, io ero senza una lira in tasca, solo i debiti precedenti. Per fortuna grazie a mia madre avevo imparato un mestiere che poi è diventato fondamentale per campare…
Invece di studiare…
Sì, come al contrario avrebbe voluto mio padre. Però ho dato nove esami alla facoltà di Storia dell’arte (la passione per l’arte è rimasta ancora oggi, e suo suocero era un grande esperto di pittura e scultura), e quasi sempre ho preso trenta, trenta e ancora trenta, e con una fatica bestiale, visto che la notte andavo a sgambettare e a cantare in teatro…
Parlavamo dei crampi…
Ah, già. Lo vede che sto invecchiando?
Non sembra…
No, dopo i sessant’anni gli acciacchi vengono fuori.
Ribadisco: non sembra.
Ma se sono anche ingrassato quindici chili perché ho smesso di fumare? Mi è cambiato il metabolismo, però mi sento meglio. (Si rivolge alla moglie in quel momento appena rientrata: “Silvia, da questa sera dieta, non posso stare così”. La moglie annuisce, con uno sguardo misto tra il ‘te l’avevo detto’ e ‘ora voglio vedere se ti applichi realmente’).
Lei anni fa ha detto: per il mio ruolo nel cinema, quello del borghese un po’ stronzo, non posso mai ingrassare…
Eh no, la mia maschera è questa, i chili di troppo non mi si addicono e poi fanno male in assoluto. Però a questa età mi manca di interpretare un cardinale o un generale in pensione, e in quel caso un po’ di adipe ci può anche stare.
Torniamo a quei benedetti crampi.
Che fame. All’epoca saltavamo i pasti, e pensare che vengo da una famiglia all’antica, dove dovevamo stare tutti a tavola e si mangiava dall’antipasto al gelato. Sempre. Infatti superavo i cento chili, avevo un po’ di pancia, insomma ero grassottello. E da bravo figlio di borghesi andavo a scuola con l’autista. Mentre i primi tempi con Silvia una vera tragedia economica, l’esatto opposto. Una volta giravo un film in Francia, e parliamo della fine degli Settanta, a colazione ci davano due uova con la pancetta, io le prendevo e le davo a mia moglie. Per me era il digiuno.
Eppure sua moglie viene da una famiglia borghese. Proprio non vi aiutavano?
Impossibile, eravamo scappati di casa, eravamo in fuga quindi dovevamo arrangiarci. Poi lei era molto giovane (hanno sette anni di differenza, si sono conosciuti perché Silvia è la sorella di Carlo Verdone, compagno di scuola di De Sica) e il padre era veramente incazzato.
Questa fame, fino a quando…
Fino al debutto cinematografico di Vacanze di Natale del 1984 (il primo della serie, una sorta di capostipite), quando a ridosso della fine della proiezione, dopo aver visto il numero di presenti e le risate della sala, guardai Silvia e le dissi: ‘Da oggi se magna’.
Era vero…
È stata una assoluta mano santa. Ossigeno, sorrisi, speranze, la possibilità di costruire un futuro famigliare più sereno.
Dopo questi alti e bassi economici, qual è il suo rapporto con il denaro?
Quale rapporto?
Ce lo dica lei…
Nessuno, tiene tutto Silvia, ci pensa lei, quando ho bisogno di qualcosa: domando, e via così. E comunque in questo ultimo periodo ci hanno fregato un sacco di soldi. Però attenzione, abbiamo una vita felice, sono stato fortunato e non mi posso lamentare proprio di nulla.
La settimana scorsa Nori Corbucci al “Fatto” ha raccontato la stessa storia di lei con suo marito Sergio, anche lui non aveva alcuna concezione del denaro.
Sergio Corbucci è stata una delle persone più simpatiche mai conosciute, mi ricordo quando uscivamo in quattro, in coppia con le nostre mogli, tutti pigiati dentro la 500, guidava lui, ci portava a mangiare fuori, poi senza dire nulla si alzava e pagava il conto. Sapeva che non ce lo potevamo permettere. Ma poi, come entravamo tutti nella 500? Io non sono piccolo, e Corbucci era molto grosso. Boh. Misteri di quegli anni. (due secondi di pausa). Che generazione quella di Sergio, con lui ho girato due film.
Che generazione era?
Quella del “tavolino”, quando si ritrovavano tutti assieme per discutere e sognare, sognare e progettare, sognare e mescolare le proprie esperienze. Senza paura dell’altro. La generazione in grado di condividere, mi ricordo ancora la libreria Rossetti a via Veneto, dove potevi incontrare Moravia o altri intellettuali, stavano sempre lì, in teoria per leggere libri e commentare, in realtà sfogliavano Playboy. Ah, a via Veneto era anche normale incontrare lo stesso Corbucci insieme a Fellini seduti a un caffè, poi passavano Visconti e Rosi e altri ancora. Mi sento molto legato a quel mondo, a quello stile di vita, cosa che non è più possibile nella realtà di oggi…
Inquadriamo l’oggi…
È difficilissimo, è cambiato molto l’ambiente del cinema, oggi sono gli attori stessi a dirigersi, di registi di quel tipo sono rimasti solo Brizzi, Oldoini, Vanzina e Parenti.
Qual è stato il momento in cui è diventato Christian De Sica…
Il percorso è ovviamente lungo e complesso, però una bella sferzata me l’ha data Maurizio Costanzo quando non era ancora il Maurizio Costanzo che conoscono tutti, ma un autore di programmi Rai.
In che modo?
Lavoravamo al varietà del sabato sera, a un certo punto, durante una chiacchierata, ha sentenziato: ‘A te non crederanno mai come uomo democratico, con questa faccia, queste espressioni e fisico, non è plausibile. Tu devi puntare al ruolo di figlio di papà, tutti penseranno che sei uno stronzo e ti noteranno’.
E grazie a questa sua “maschera” lei è l’attore nato a Roma, meno romano di tutti, più proiettato a livello nazionale.
Ma lo sa che da anni ho un fan club anche alla Bocconi di Milano? Sono circa 600 gli iscritti, quando lo dissi a mia madre, un po’ orgoglioso e stupito di tanta attenzione, la sua risposta fu: ‘Allora saranno 600 teste di cazzo’.
Avrà voluto non farle montare la testa…
Lei era così, non dava queste soddisfazioni. Era pur sempre Maria Mercader e la moglie del grande Vittorio De Sica.
Andava bene all’università…
Molto, ma è stato giusto mollare. Studiavo e ci tengo a sottolinearlo.
Perché ci tiene a dirlo?
Perché oggi non è così, approfondivo ogni aspetto, ed è una forma mentis. Studiavo anche per gli spettacoli, ascoltavo musica in continuazione, passavo dai Rolling Stones e i Beatles a Glenn Miller ed Odoardo Spataro, mentre i ragazzi di oggi sono dei ciuchi, non sanno neanche chi è Fred Buscaglione, non sanno di Garcia Lorca e Salvator Dalì. È uno sconforto.
I suoi lo sanno?
Mia figlia no, ma lei si occupa di moda, mentre Brando è un mostro, ma da sempre, a 12 anni già citava Truffaut.
E per salvare parte della memoria di questo Paese, lei ha portato sulla Rai il programma “Parlami d’amore”, una serie di puntate dedicate a Vittorio De Sica.
Ci ho pensato insieme a mio fratello Manuel durante una colazione al bar sotto casa, quando a un certo punto il proprietario ha detto a un altro amico: ‘Ma lo sai che il padre di Christian è stato un attore?’ Io e Manuel non ci volevamo credere, avevamo sottovalutato l’inquietante potere del tempo o dato per assoluto il valore di nostro padre.
Passo indietro: lei in “Vacanze di Natale” interpretava il ruolo del ricco, giovane e stronzo. Mentre a Cortina la sua vita era differente.
Talmente differente che durante le riprese io, Silvia e un Brando appena nato, siamo stati ospitati a casa di un’amica, la diaria non bastava per tutti. Sì, lo so, sembra incredibile, io figlio di, lei figlia e sorella di, eppure è esattamente così. Anche allora chi non era del mondo del cinema e non sapeva l’enormità del vizio al gioco di mio padre, non ci credeva del tutto. Quando fai parte di un ambiente privilegiato come il nostro, chi è esterno vede solo la parte sotto i riflettori.
Però aveva già girato un successo come “Sapore di mare”…
Ma la paga era stata di 600mila lire, e per quel film avevo rifiutato Il conte Tacchia e un cachet nettamente maggiore, però sentivo il valore del film dei Vanzina.
Il suo Felicino è una delle maschere più celebri.
Un ruolo perno, da quel Felicino partono molti di quelli successivi.
Il Felicino passava l’estate a Forte dei Marmi, mentre lei da ragazzo…
Ricordo dei momenti epici al Ciucheba di Castiglioncello, eravamo un gruppo di persone, giovani e meno giovani, con una voglia sfrenata di cazzeggio e follia, ancora penso con terrore alle sfide tra Diego Abatantuono ed Enzo Trapani, andavano sott’acqua e vinceva chi beveva più whisky. Diego non ci stava a perdere, per arrivare primo si sarebbe fatto scoppiare i polmoni. Ah, e poi magari arrivava Renato Zero sopra un’Ape della Piaggio…
Sua moglie tempo fa ha detto: per Christian spero in un ruolo come quello di Travolta in “Pulp fiction” per poi cambiare un’altra volta carriera.
Veramente anche con il cinepanettone del 2016 siamo stati il terzo incasso dell’anno.
Lo autodefinisce sempre “cinepanettone”.
Ovvio! Ma sa quanti disastri ho visto dopo di me, degli obbrobri, e molti degli autori di queste schifezze fingono il nulla, provano a prendere le distanze dal “cinepanettone”, negano di farne parte. Un’idiozia come tutti quelli che pensano sia sano mantenere la puzza sotto il naso.
Nessun rimpianto…
Lo dico senza scongiuri: io sono contento. Mi hanno anche dedicato una strada a Jesolo, la vicenda mi ha creato qualche timore visto che questo onore, di solito, capita solo ai morti, però ci sono andato e abbiamo festeggiato.
Un film che ultimamente non le è piaciuto…
La La Land mi ha annoiato, però la successiva scena agli Oscar non ha prezzo. Quanto erano imbarazzati! Comunque mi devo mettere a dieta.
E ora cosa c’entra?
Nulla, mi sono guardato e devo dimagrire, mica posso invecchiare così.
Senta, non sembra proprio un anziano.
Lei quanti anni ha?
40 da poco.
Grandissimo periodo della vita, il migliore, il più divertente, quando hai le maggiori energie, grandi desideri, e la giusta consapevolezza. Girati i 60 cambia il quadro. Mi raccomando trombi molto.
Lei a 40 anni era sposato, come la mettiamo?
Che c’entra, io avevo Silvia con me…
E sfodera un sorriso totale, uno di quelli che possono tramutare la Primavera in Estate
Twitter: @A_Ferrucci