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 2017  marzo 26 Domenica calendario

Addio a Don Hunstein, il fotografo della musica

Ci vuole un poeta per fotografare un poeta: ecco perché a distanza di oltre mezzo secolo continua a emozionarci la fotografia in copertina di «The Freewheelin’ Bob Dylan». Perché Don Hunstein, scomparso a 88 anni, uno dei fotografi più importanti della storia della musica, era soprattutto un uomo sensibile.
Se Jim Marshall, scomparso nel 2010, autore delle immagini di Jimi Hendrix a Woodstock con la giacca gallonata e di Bob Dylan che prende a calci un copertone, fu il fotografo maledetto del rock, pistola carica e Leica, carcere e cocaina, Hunstein fu il quieto travet della fotografia musicale. Da ragazzo amava la musica ma quando s’innamorò di un libro di Henri Cartier-Bresson comprò a rate la stessa macchina fotografica del suo idolo e andò a lavorare alla Columbia Records: erano gli anni in cui la casa discografica aveva sotto contratto Janis Joplin, Bob Dylan, Miles Davis, Aretha Franklin, Johnny Cash, Simon e Garfunkel, Glenn Gould e Leonard Bernstein tra gli artisti della casa. Dal 1955 al 1986 Hunstein si alzò ogni mattina per andare al lavoro e scattare più di 100 mila immagini, un archivio enorme: la sua prima mostra e il suo primo libro risalgono, incredibilmente, soltanto a qualche anno fa, quando lui ne aveva più di ottanta e era ormai malato.
Uomini complicati come Johnny Cash e Miles Davis gli regalarono la loro fiducia invitandolo nelle loro case, lasciandolo libero di curiosare in sala di incisione. Lui ricambiò con gioielli come la foto di Cash che suona sul divano della sua fattoria con la pistola sul tavolino ma anche Cash – «Ho sparato a un uomo a Reno solo per guardarlo morire», cantava – che abbraccia con infinita tenerezza la moglie June, la solitudine del genio Glenn Gould ripreso da lontano e circondato da pianoforti a coda come giganteschi mostri pronti a divorarlo, la timidezza della giovane Streisand, Janis Joplin aggrappata al microfono come trasfigurata, Aretha Franklin ragazzina del coro gospel catapultata a New York ma con il sorriso sicuro di chi sa di avere l’arma di una voce mai ascoltata prima.
E poi ovviamente lo scatto più famoso, Bob Dylan e Suze Rotolo che passeggiano per il Greenwich Village un pomeriggio di febbraio del 1963, Hunstein che arriva nel monolocale del giovane Bob con il compito di scattare la copertina di «The Freewheelin’ Bob Dylan», suo primo disco di canzoni originali dopo l’esordio con le cover. Mancano pochi minuti al crepuscolo così i tre corrono in strada, il fotografo che fa in tempo a scattare a malapena un rullino a colori e quando carica quello in bianco e nero di luce non ce n’è già più.
Ancora oggi quel tratto di Jones Street è uno dei punti più fotografati del Village, turisti dylaniani che sfidano le auto per un selfie alla «Freewheelin’», scatto che ha ispirato il film Vanilla Sky con Tom Cruise e Penelope Cruz e continua a emozionarci, il giovane poeta in giacchetta che un giorno avrebbe vinto il Nobel e la ragazza sorridente che si stringe a lui, un’immagine di gioia e, come dice il titolo del disco, di libertà.
La moglie DeAnne, al suo fianco da una vita e che l’ha assistito fino alla fine l’altro giorno nella casa di New York, spiegò qualche anno fa prima di una delle sue mostre con il nome a caratteri cubitali fuori dal museo che a Don non importava la fama – «si è divertito tanto con i suoi amici artisti» – e negli anni della malattia non riconosceva più le sue foto, neanche quella per cui sarà ricordato, il giovane poeta e la ragazza del Village. «Ma quando gli porto il suo sandwich preferito, toast alla marmellata, si ricorda sempre di staccarne metà, e me la porge con un sorriso».