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 2017  marzo 26 Domenica calendario

Corea del Nord, missili e azzardi. L’incubo dell’escalation nucleare

Sinistramente vicini alla mezzanotte. Ossia all’apocalisse. Due giri di lancette, due minuti. È la “provocazione”, che dal 1947, accompagna lo scivolare del mondo verso l’incubo atomico. L’idea era di un gruppo di scienziati, gli stessi del Progetto Manhattan, i “padri” la prima atomica: misurare, attraverso le lancette del Doomsday Clock, la distanza che separa il mondo dalla catastrofe nucleare. Ebbene questa distanza – la distanza dal “grado zero”, la mezzanotte – si è drammaticamente assottigliata. Allora erano sette i minuti che salvavano dall’“armageddon”, oggi appena due. E la miccia potrebbe accendersi in Asia, in uno “scenario” che appare sempre più fuori controllo: la Nord Corea.
L’accelerazione della crisi nella Penisola è impressionante. Il segretario di Stato Usa Rex Tillerson ha evocato, apertamente, la possibilità dell’intervento militare Usa per fermare le provocazioni del regime di Pyongyang e uscire dal pantano – inconcludente per la nuova amministrazione Usa – nel quale sono affondati venti anni di pressioni diplomatiche.
I rischi sono altissimi. L’intervento Usa sarebbe in grado di annichilire la capacità di reazione di Pyongyang? Come ha scritto Difesaonline, il Nord potrebbe, grazie al suo arsenale missilistico, «cancellare Seul nel giro di un’ora». Nessuno può ignorare le proporzioni della minaccia. Il 2016 è stato l’anno del quarto e quinto test atomico del Paese, dopo quelli condotti nel 2006, nel 2009 e nel 2013. Secondo Yale-Global Online, nel 2016 la Corea ha effettuato 24 test missilistici, compreso il lancio di un vettore balistico sottomarino con una gittata di mille chilometri. Gli esperti non nutrono dubbi: entro la fine del 2018, il regime di Kim Jong-un potrebbe disporre di un missile a lungo raggio in grado di colpire il territorio americano. Si calcola che Pyongyang disponga di quantità di plutonio e uranio arricchito necessari per produrre quindici testate nucleari. Ma come ha sottolineato Carlyle A. Thayer sul Chennai Centre for China studies, la corsa verso il nucleare della Corea rischia di provocare l’emulazione dei Paesi vicini. A partire da Seul e Tokyo. Uno scenario inviso, persino, dalla Cina che mal tollera gli azzardi – e l’imprevedibilità – di Kim Jong-un.
Pechino non sta a guardare. Secondo The diplomat, la Cina sta investendo. E molto. Punta a modernizzare e incrementare il suo arsenale atomico. E a ridurre il gap che la divide dai Paesi “concorrenti”. La fotografia è di Henry D. Sokolski del Nonproliferation Policy Education Center: la Russia oggi dispone di 3.600 armi nucleari strategiche e tattiche, gli Usa di 2.130. La Cina di un numero (imprecisato) tra 190 e 900. Il Dragone si muove su più fronti. Alacremente. Pechino disporrebbe di quantità di plutonio e uranio sufficienti per 1.200 testate nucleari. Punta sull’implementazione dei sottomarini armati con missili balistici. Ha recentemente testato il nuovo missile intercontinentale DF-41 Icbm capace, secondo l’intelligence americana, di trasportare fino a dieci testate. Stesso discorso per il missile DF-5C che Pechino vuole armare con testate multiple indipendenti (Mirv).
C’è poi l’altro conflitto. Sfugge ai riflettori ma nasconde le stesse insidie. È il conflitto che contrappone India e Pakistan. Entrambi i Paesi, giocando la carta della dissuasione, continuano ad armarsi. Come segnalato dall’Economist, il nuovo “fiore all’occhiello” di New è un sottomarino nucleare, l’INS Arihant, capace di montare missili balistici. Sul fronte opposto, Islamabad punta a schierare, secondo quanto segnalato dal Nuclear Threat Initiative, 220-250 testate entro il 2025. Islamabad ha condotto il suo primo test nucleare nel 1998 e oggi, si legge su Analisi Difesa, dispone «di un arsenale missilistico con capacità nucleare costituito principalmente da missili balistici tattici e di teatro, da missili campali (Brbm) a corto (Srbm) e medio raggio (Mrbm) e da missili da crociera.