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 2017  marzo 20 Lunedì calendario

La sfida estrema di Rossi contro i giovani leoni. «Mi serve un miracolo»

Questa MotoGp è una giungla e districarsi fra i pericoli, soprattutto se hai 38 anni, è molto complicato. Valentino Rossi sembrava essersi liberato del suo problema più grande quando Jorge Lorenzo è volato alla Ducati invece, pronti via, ne ha trovato in casa uno ancora peggiore: si chiama Maverick Viñales, ha 16 anni meno di Vale, viene dalla Suzuki ma da quando è salito sulla M1 a Valencia a fine 2016 sembra esserci nato sopra. Mai vista una cosa simile: con 4 test dominati su 4, lo spagnolo è stato il padrone dell’inverno e oggi viene considerato all’unanimità il co-favorito assieme a Marquez del Mondiale che comincia domenica in Qatar.
Esagerazioni? Per niente. «Maverick lotterà per il titolo non solo in questa stagione ma nei prossimi dieci anni», ha detto convinto Davide Brivio, che è stato suo team manager in Suzuki e che di fuoriclasse si intende, essendo colui che portò Rossi in Yamaha nel 2004. Prodromi di una dinastia, insomma, o comunque di un lungo duello con Marquez non diverso da quelli che i due apparecchiavano – spesso con Viñales vincente – da bambini.
Il ragazzo di Figueres, concittadino di Salvador Dalì e battezzato in omaggio al personaggio di Tom Cruise in Top Gun, unisce perfettamente arte e potenza, come sempre accade ai predestinati. Tecnicamente parlando, poi, ha capito subito la Yamaha 2017 sfruttando al meglio l’anteriore Michelin. Tutto il contrario di Rossi, che invece della nuova moto ha capito poco: «Potrei dire che mi sono nascosto facendo pretattica – ha detto amaro Valentino dopo gli ultimi test —, la realtà è che non ho la soluzione per essere competitivo con questa moto. Speriamo in un miracolo».
Se il pilota più pragmatico e ingegnere del mondo si affida al trascendente vuole dire che è messo male, ma tant’è: la moto 2016 non è utilizzabile («Indietro non si torna»), dunque bisognerà ballare con quello che c’è provando a ritrovare quell’inventiva al box che lo ha sempre tirato fuori dalla sabbie mobili.
Reduce da tre secondi posti consecutivi, e dunque tutt’altro che bollito, Rossi a caccia del decimo Mondiale sembra essere alla stagione decisiva per definire il suo futuro, anche se ovviamente, conoscendo le sue capacità di rinascere ogni volta, bisogna evitare eccessivi pessimismi a motori ancora spenti.
A parte Marquez – che, pur pallido nei test, resta il punto di riferimento sia perché guida una Honda che perché ha vinto 3 degli ultimi 4 campionati – gli altri cercano di farsi forza considerando i possibili punti deboli di Viñales. «Vedremo cosa farà nel corpo a corpo», sostengono molti nel paddock. «Vedremo come reggerà la pressione», aggiunge Pedrosa. «Vedremo come lo tratterà la Yamaha», butta lì Lorenzo, che in un’intervista a Marca ha sostenuto che la Casa di Iwata da sempre favorisce Rossi. Proprio le attuali difficoltà di Vale, nonché la storia vincente di Jorge con la M1, sembrerebbero dire il contrario. Di certo Lorenzo con la Ducati è l’altra grande storia possibile dell’anno: la Rossa, con la sua nuova carenatura per aggirare il divieto delle ali, è la moto più interessante ma l’impressione è che il vero assalto al titolo Por Fuera lo lancerà nel 2018. Così il ducatista più solido resta Dovizioso: a 30 anni ha raggiunto la piena maturità, conosce bene la Rossa e spera di poterle finalmente fare l’ultimo salto, magari già domenica a Losail, pista storicamente amica del motore Desmo.
Gli altri partono tutti più indietro: Iannone, in difficoltà con la Suzuki, e poi i team satellite, la Aprilia (che ha dato comunque buoni segnali) e la new entry Ktm. Nel 2016 fu uno strano Mondiale, equilibrato all’apparenza con 9 vincitori di tappa, ma in realtà dominato da Marquez. Quest’anno si spera che il thrilling riguardi anche la corsa per il titolo. Magari con Rossi e la Rossa al fianco di Viñales. È dura. Ma non impossibile.