Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  marzo 13 Lunedì calendario

L’Europa a 28 velocità sulla Turchia non ha una strategia

Al momento, la politica estera europea rischia di essere a 28 velocità. Le politiche interne nazionali la indirizzano su altrettante strade. Il caso dei divieti di manifestazione ai ministri turchi in Olanda – soprattutto il rifiuto all’atterraggio nel Paese per il ministro degli Esteri Mevlüt Cavusaglu e l’espulsione della ministra degli Affari sociali Fatma Betül Sayan Kaya – dà il segno di quanto manchi un approccio condiviso persino nei confronti di un membro della Nato che inoltre ha una discussione aperta sulla sua (a questo punto improbabile) adesione alla Ue. Ieri, per dire, a Berlino si sosteneva che, per strappare un pugno di voti populisti alle elezioni di questa settimana, il governo olandese ha permesso a Recep Tayyip Erdogan di presentarsi come vittima, di acquisire consensi in casa e nelle comunità turche all’estero e di avere nuovi argomenti per allontanarsi dalla Ue. È evidente che il presidente turco provoca, con la scusa di fare campagna elettorale in Europa per il suo referendum costituzionale di aprile. Ma perché gettarsi nella sua trappola, ci si chiedeva ieri a Berlino. Per strappare qualche voto a Geert Wilders? Il fatto è che la posizione tedesca verso Erdogan diverge da quella olandese e da quella di altri membri della Ue. Angela Merkel ritiene che nei confronti dei cosiddetti uomini forti – siano turchi, russi o americani – sia necessario mettersi in posizione di forza ma non arrivare a rotture: gesti ostili e attaccabili li favoriscono. Impostazione molto merkeliana e anch’essa mossa in parte da ragioni domestiche: la scelta olandese, infatti, mette pressione sulla cancelliera affinché sia più dura di quanto è stata con il governo turco, che anche in Germania vuole fare comizi; ma Merkel non vuole mettere in pericolo l’accordo con Ankara sui rifugiati. Il fatto è che, come Berlino e L’Aia, ogni capitale ha una politica tutta sua verso la Turchia. E forse verso l’America. E forse verso la Russia. Multispeed Europe.