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 2017  febbraio 25 Sabato calendario

Il divo Claudio

Claudio Ranieri è un esemplare raro di italiano da esportazione, per quella capacità di rimanere autorevole senza mai smettere di conservarsi mite. Prima o poi la sua vita diventerà un film che in tanti andremo a vedere con una dose imbarazzante di fazzoletti al seguito. Ha raggiunto la vittoria più impronosticabile del mondo con una squadra di provincia che, come si vede adesso, era piuttosto mediocre. Il fatto che abbia realizzato il suo sogno contro ogni logica, e non al culmine ma al crepuscolo della carriera, lo ha reso un modello per tutti quei diversamente giovani, e frettolosamente rottamati, che sentono di avere ancora qualcosa da dire.
Però scandalizzarsi per l’esonero di cui è stato vittima ad appena nove mesi dal suo trionfo è solo un modo romantico di rifiutare la realtà. Si è parlato di ingiustizia e ingratitudine, come se ogni cosa buona, o addirittura memorabile, che facciamo nella vita ci garantisse un bonus di intoccabilità. Persino il genio provocatore di Mourinho, uno dei pochi in passato a essere riuscito a fargli perdere la calma, oggi sventola lo scalpo di Ranieri come prova dell’imbecillità umana. Ma l’uomo del miracolo non era più obbedito dai suoi giocatori e il grande Leicester, tornato piccolissimo, sta sbandando verso la zona-retrocessione. I problemi non si fronteggiano con l’album dei ricordi, nemmeno se sono quelli di ieri. La vita è sempre e soltanto adesso. Di immortale, in Ranieri, resta l’impresa che ha compiuto, non il suo posto. A Leicester gli dedicheranno lo stadio, ma non potevano più lasciargli la panchina.