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 2017  febbraio 24 Venerdì calendario

Chiude «Masters of Sex»: non sempre il pubblico premia la qualità

Sta andando in onda la quarta e ultima stagione di «Masters of Sex», la serie americana creata da Michelle Ashford. Racconta gli anni ardimentosi delle ricerche del ginecologo William Masters e della psicologa Virginia Johnson, diventati famosi per aver redatto il primo studio approfondito sul sesso, un lavoro durato undici anni e sfociato nel famoso libro La risposta sessuale umana del 1966 (Sky Atlantic, mercoledì, 21.10).
La rete americana Showtime ne ha annunciato la fine: «“Masters of Sex” è stato un viaggio magnificamente scritto e interpretato sulla rivoluzione dei costumi sessuali dell’America. Siamo assolutamente orgogliosi di aver condiviso la storia di Masters e Johnson per quattro stagioni acclamate dalla critica». Acclamate dalla critica ma disertate dal pubblico, con un deciso crollo negli ascolti. Non sempre la qualità si concilia con la vasta platea.
Saranno contenti i «gufi» che predicano la fine della serialità, che sostengono che le serie televisive si stanno uccidendo da sole perché si sono moltiplicate a dismisura, che la tossicità dei loro impianti narrativi le ha rese ridicole. Può darsi, ma gli stessi discorsi li abbiamo già sentiti da anni, a proposito di libri e di cinema. C’è stato un periodo in cui si diceva che un libro medio autoriale era una sorta di affronto, mentre in un film medio si poteva sempre scoprire qualcosa, perché comunque era attraversato dalla forza delle convenzioni e dei generi. Magari oggi possiamo sostenere che un film medio è un affronto e si fa fatica a seguirlo fino alla fine, mentre in una serie media si può sempre scoprire qualcosa, aldi là dell’Arte, del Bello o del Brutto. Così funziona l’industria culturale, così funzionano i fantasmi prima psichici e poi narrativi.
Perciò spiace che chiuda una serie come «Masters of Sex», i cui racconti restano interessanti (a volte persino troppo didascalici) e la cui scrittura riesce a dispiegarsi in molti registri.