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 2017  gennaio 31 Martedì calendario

Cina, la gogna del topo ladro e il risveglio animalista (sul web)

Pechino Lo hanno scoperto mentre rubava riso in un magazzino della provincia cinese del Guangdong. Lo hanno legato a zampe divaricate e gli hanno messo due avvisi appesi al collo, uno con la scritta «Anche se mi picchiate a morte non ammetterò mai di essere un ladro»; il secondo, dopo, per dimostrare che invece la tortura funziona: «Non oserò farlo mai più». Presumibilmente è morto. Le foto, pubblicate sul sito di un quotidiano nazionale, sono diventate virali sui social media cinesi. Il ladro di riso messo alla gogna era un topo. E a migliaia su Weibo, il Twitter cinese, hanno protestato.
Perché, hanno scritto nei post, «si può uccidere un ratto, rapidamente con un colpo, ma non torturarlo»; «anche se i topi sono nocivi, rispettate la vita»; «rubare il riso è nella natura dei roditori, lo fanno per vivere».
Qualcuno ha visto nelle foto del topo messo alla gogna una memoria della Rivoluzione Culturale, quando i cartelli venivano attaccati al collo degli intellettuali e dei borghesi «neri»: come succede in Occidente, anche in Cina il dibattito sui social network prende direzioni tortuose e difficili da seguire.
Le proteste per le torture al topo mettono però in risalto una nuova sensibilità dei cittadini cinesi nei confronti del mondo animale.
Certo, c’è ancora molta strada da fare in un Paese dove la polizia tortura anche gli umani pur di ottenere confessioni e dove si tengono fiere come quella di Yulin, nella quale vengono uccisi e venduti migliaia di cani che poi finiscono in pentola, ma qualcosa si sta muovendo.
Nel 2014 il governo ha abrogato la legge che imponeva alle industrie di provare i cosmetici sugli animali prima di metterli sul mercato. Ed è arrivata anche la promessa di mettere al bando in Cina il commercio di avorio, che alimentava la caccia di frodo agli elefanti in Africa.