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 2017  gennaio 18 Mercoledì calendario

A gestione «familiare» il 60% delle aziende di Piazza Affari

Da Brembo a Mediaset, da Recordati a Massimo Zanetti. A Piazza Affari la questione “cambio generazionale” accomuna diverse società, considerato che il 60% delle imprese quotate ha come primo azionista una famiglia secondo Consob. Se si tiene conto delle non quotate, le imprese familiari sono oltre l’85% del totale. Sono in pochi, però, gli esempi di coloro che hanno già organizzato un piano di successione e tracciato le linee perché le imprese sopravvivano a i loro fondatori. Può capitare, però, che gli eventi di cronaca forzino le situazioni. Un po’ come sta avvenendo nella galassia Fininvest. La holding della famiglia Berlusconi, con quasi 5 miliardi di fatturato e 20 mila dipendenti, ha il controllo di Mediaset, Mondadori, Milan e partecipa in Mediolanum con una quota 30,124%. È controllata da 7 holding della famiglia Berlusconi: 4 fanno capo direttamente a Silvio Berlusconi per circa il 61%. Il resto del capitale è suddiviso in parti uguali fra i figli con quote del 7,65%. L’entrata nel capitale di Mediaset di Vivendi ha posto senz’altro la famiglia di fronte al problema della successione. La scelta è fra il diventare investitori finanziari o restare imprenditori in azienda. Dei 5 figli di Silvio Berlusconi Marina e Piersilvio sembrerebbero più propensi a restare in azienda, mentre Barbara, Eleonora e Luigi potrebbero considerare un’altra via. 
La strada della successione “finanziaria” e non industriale è stata scelta dalla famiglia Benetton, che fin dal 2003 ha voluto distinguere il ruolo dell’azionista da quello del manager, tanto che nessun componente della dinastia ricopre incarichi operativi nelle aziende della galassia. Ognuno dei 4 rami della famiglia (Gilberto, Luciano, Carlo e Giuliana), che controllano ciascuno il 25% di Edizione Holding (primo azionista di Atlantia), ha un rappresentante della seconda generazione impegnato nei cda delle società. Un segnale di rottura dell’unità di vedute per il futuro si è avuto, però, a fine 2016, quando Alessandro Benetton ha lasciato il cda dell’omonimo gruppo di maglieria. Bisognerà ora vedere se si tratta di un episodio isolato o del primo passo al ripensamento dei piani di successione. 
Fra le società del Ftse/Mib è impegnata nel piano di successione anche Brembo. LaFourb, che controlla il 56,5% della società quotata, vede i figli di Alberto Bombassei, Luca e Cristina, detenere il 30% in nuda proprietà, con usufrutto al padre, cui si sommano un altro 21% di Cristina e un 19% di Luca. A quest’ultimo, nel 2015, è stato attribuito il diritto di esprimere il consenso in materia di operazioni straordinarie, compresa la cessione, e il diritto di sedere nel cda della holding a patto che abbia una quota del 45% una volta uscito di scena il padre Alberto. Questo permetterà un equilibrio di governance fra i due fratelli. Altre famiglie hanno trovato la via della successione con il passaggio di mano della proprietà a terzi, magari reinvestendo nel gruppo acquirente. Come è avvenuto per la famiglia Pesenti, che nel 2016 ha ceduto il 45% di Italcementi alla tedesca Heidelberg per 1,7 miliardi, di cui una parte servirà per la sottoscrizione di una quota del 5,3% del gruppo tedesco. Stessa via è stata percorsa da Pirelli, con la holding Camfin (che fa capo a Marco Tronchetti Provera) che ha ceduto il 25,97% di Pirelli a una società che fa capo a ChemChina, reinvestendo poi nella Newco, nel 2015. A Tronchetti Provera è garantita la guida del gruppo per cinque anni e la facoltà di indicare il suo successore. Non è andata, invece, in quella direzione Saras. Di ieri la notizia che il colosso russo Rosneft ha avviato il collocamento accelerato del 12% del capitale del gruppo della famiglia Moratti, mettendo fine alle ipotesi che Saras potesse diventare definitivamente russa. Il modello Luxottica è stato, infine, anticipato in qualche modo dalle scelte fatte da Federico Marchetti per la sua Yoox, che si è sposata con Net-a-Porter dando via a un gruppo internazionale, che vede lo stesso Marchetti al 6% dell’azionariato ma a capo dell’azienda, potendo contare su un socio industriale come Richemont al 25%. Mentre è nota la soluzione della famiglia Agnelli, che ha creato un gruppo internazionale, di cui controlla ancora il 24% attraverso Exor, a sua volta controllata dalla“Giovanni Agnelli BV”, società olandese che racchiude gli azionisti discendenti del fondatore Giovanni Agnelli, che vede pesi azionari stabili da tempo. 
Pochi esempi delle soluzioni messe in atto, che sempre più devono fare i conti con un mercato internazionale che bussa alle porte.