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 2017  gennaio 05 Giovedì calendario

Rai, si riapre il fronte ora si teme per i conti

ROMA Con la bocciatura del piano editoriale e le conseguenti dimissioni di Carlo Verdelli, la Rai è di nuovo piombata nel caos. Gli attacchi esterni si sono intensificati. Provengono da più parti e perfino quei politici del Pd che inizialmente avevano sostenuto la nomina di Campo Dall’Orto sono passati dall’altra parte della barricata. Insomma per l’amministratore delegato non è certo uno dei momenti più felici del suo operato.
Non ha fatto in tempo neanche a godersi il successo di RaiPlay e della conseguente trasformazione dell’azienda in media company che è arrivato un altro ciclone. Il piano editoriale è da rifare. Verdelli se ne va anche perché si è sentito non difeso da Campo Dall’Orto, al quale imputa il fatto di averlo lasciato solo e in balia degli attacchi. Per contro, l’ad fa sapere di aver avocato a sé il piano editoriale – in quanto fa parte di quello industriale già approvato dal cda – che lo riconfigurerà in perfetta sintonia con le proposte ricevute e che già nella seduta informale dell’11 gennaio i consiglieri potranno vedere lo stato di avanzamento del nuovo documento. Per la stesura del quale non sono previsti né interventi da parte del presidente Monica Maggioni né la nomina di un sostituto del dimissionario Verdelli.
Tra l’altro, entrambi i due papabili a ricoprire il ruolo, Nino Rizzo Nervo e Antonio Di Bella, hanno fatto intendere di non essere interessati al nuovo incarico. A Campo Dall’Orto spetterà di far luce sulle sostenibilità economiche per i cambiamenti da fare e di attuare le quattro priorità dell’informazione: digitale, di flusso, dei tiggì e per l’estero. Particolare attenzione per la prima, con a capo della struttura Milena Gabanelli, su cui si punta molto per riconquistare una fetta del pubblico più giovane. Anche i tiggì dovrebbero avere ossigeno dalle nuove sinergie previste.
LE ACCUSE
Della gestione di Campo Dall’Orto sotto la lente sono finiti i numeri. Chi lo accusa non approva il fatto che secondo le previsioni l’azienda potrebbe chiudere il 2017 con un passivo di 70 milioni.
Se si fa un confronto con la precedente gestione Gubitosi (che risanò l’azienda portandola al pareggio di bilancio) il rosso è quasi inspiegabile. Soprattutto se si considera che oggi l’azienda usufruisce di 200 milioni in più arrivati dal canone e che rispetto alla precedente gestione non ha dovuto rinunciare a 230 milioni (150 milioni il primo anno e 80 il secondo anno) che furono trattenuti dalla legge di Stabilità per far fronte alle spese degli 80 euro che il governo Renzi decise di dare ai lavoratori.
Per la nuova gestione la detrazione è stata solo di 80 milioni (quella prevista al terzo anno). E considerando il gettito precedente del canone, inferiore a quello attuale, la gestione Gubitosi è come se avesse lavorato con un abbonamento pari a 85 euro per ogni abbonato. Quindi inferiore a quello di 90 euro che la Rai avrà per il 2017. Anche se va precisato che per Gubitosi il ricavato dalla vendita di Raiway fu una manna dal cielo per ovviare ai rischi di tracollo.
LA DINAMICA
Quella attuale resta per molti una gestione dei conti alquanto complicata. Sulla quale potrebbero incidere le numerose assunzioni a tempo indeterminato dei manager scelti dall’ad (che è anche dg). Agli attuali vertici vengono imputati anche l’elevato numero di prime utilizzazioni del personale (a chiamata diretta e senza concorso) che presto si potrebbero tramutare in possibili assunzioni. Tirando le somme, dunque, l’attuale governance è a metà mandato e dopo 18 mesi c’è più di un aspetto che non convince i detrattori.
A cominciare dalla dinamica dei costi apparsa a tratti priva di una valida progettazione, per proseguire con lo stato confusionale palesato nella vicenda Anac. A proposito dell’Anticorruzione, sono passati cinque mesi dalla denuncia e non è stato preso alcun provvedimento. Nemmeno quello in cui era palese il conflitto di interessi. Ma le preoccupazioni principali sono di ordine economico. Il taglio della quota pubblicitaria e il 10% in meno del gettito del canone incombono sull’azienda. A riguardo il sindacato interno, l’Usigrai, ha già chiesto l’intervento urgente dell’azionista e della Commissione di vigilanza il cui presidente, Roberto Fico, ieri ha parlato di «mancanza di coraggio».