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 2017  gennaio 02 Lunedì calendario

Imam, slogan e proteste: la Turchia che odia il Natale

«Müslüman Noel kutlamaz», «Müslüman yilbasi kutlamaz». Un musulmano non può festeggiare il Natale. Un musulmano non può festeggiare il Capodanno. Lo dicono da anni in Turchia, sempre più forte da quando Recep Tayyip Erdogan prese il potere per la prima volta nel 2002, così vicino, ma per come è degenerato il Paese, così irrimediabilmente lontano. Ma quella che fino a pochi anni fa sembrava la presa di posizione di un gruppo di fanatici, forse un po’ troppo avvezzi al folklore, adesso è diventata la versione ufficiale della Diyanet, l’Autorità per gli Affari Religiosi, l’organo che gestisce l’amministrazione del culto islamico nel Paese.
La denuncia era arrivata due giorni fa dal quotidiano «Cumhuriyet», uno dei tre rimasti nel Paese a non essere controllati dal presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan.
Nel sermone di venerdì 30, a ridosso del Capodanno, 80 mila imam hanno invitato a non «assumere atteggiamenti contrari alle loro usanze e agli ambienti di provenienza», con esplicito riferimento ai festeggiamenti per l’arrivo del 2017, invitando i fedeli a diffondere il messaggio perché nessuno assumesse atteggiamenti non consoni all’Islam. Non solo. Nel sermone si sottolineava come il periodo fra Natale e Capodanno, celebrato a livello globale, rischiasse di corrompere lo spirito del popolo turco.
Che, per dire la verità, era già «corrotto» da un pezzo e con somma gioia di gran parte della popolazione. Le celebrazioni dell’Anno Nuovo in Turchia sostituiscono quelle del Natale, ma solo e unicamente negli aspetti formali e per l’afflato consumistico. Nella Mezzaluna, da metà novembre, le strade delle maggiori città, soprattutto Istanbul, si ricoprono di luci con i motivi pagani più frequenti del Natale e ci restano fino a inizio marzo. Nelle case della gente si fa l’albero, il 31 dicembre ci si scambia i regali. Il più gettonato e legato alla tradizione autoctona è il melograno di porcellana rosso. Ma l’offerta si è arricchita a dismisura, facendo diventare l’Yilbasi, il Capodanno, appunto, un surrogato del Natale in piena regola.
La pratica ha sempre avuto dei nemici nel Paese. Ma o erano elementi che non destavano preoccupazione, perché nettamente in minoranza, o stavano zitti perchè se c’era una cosa che proprio ai turchi non dovevi toccare erano le celebrazioni del 31 dicembre, con quell’atmosfera da finto Natale annessa.
Poi, con il passare degli anni, le pressioni della Turchia più conservatrice sono diventate sempre più tangibili, insieme con una radicalizzazione della società. E se prima nell’occhio del ciclone c’era solo il 25 dicembre, che è lavorativo, e l’Yilbasi lo lasciavano stare, con il passare del tempo ha iniziato a essere sempre più messo in discussione anche quest’ultimo, fino alla degenerazione di quest’anno. Nelle settimane precedenti la presa di posizione della Diyanet, sono partite campagne di ogni tipo. Da quelle sui social, a quelle per le strade. In molti quartieri di Istanbul sono comparsi cartelli con la scritta «Müslüman Noel kutlamaz», oltre a manifestazioni alle quali hanno preso parte centinaia di persone, soprattutto giovani sotto i vent’anni, non solo nella conservatrice Fatih, ma anche sull’Istiklal Caddesi, il viale pedonale per eccellenza di Istanbul, da sempre luogo prediletto della movida e passata nel giro di due anni da meta preferita dei turisti occidentali a luogo di passeggio di quelli sauditi. Il quotidiano Milli Gazete, organo della destra islamica, la mattina del 31 ha invitato tutti a ricordare che fra i doveri del buon musulmano non c’è quello di festeggiare il Capodanno. Oltre agli islamici ci si sono messi anche gli ultranazionalisti, contrari al Capodanno e Natale perché di sangue ed etnia turca e quindi musulmani. Ad Aydin, gli Alperen Ocaklari, gli «eredi» dei Lupi Grigi, hanno addirittura simulato un pestaggio di Santa Claus che, per una macabra ironia della sorte era originario proprio della Turchia, con la sua casa divenuta attrazione turistica.
Sono iniziati anche i primi episodi di intolleranza. A Eminonu, quartiere sul Corno d’oro con il bazar all’aperto più grande di Istanbul e che un tempo da inizio novembre si riempiva con le luminarie finto natalizie più improbabili, le botteghe che espongono decorazioni e luci sono diminuite. E qualcuno, che proprio non voleva rinunciare al finto Natale, è stato preso a male parole.