Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  dicembre 18 Domenica calendario

Assedio al Parlamento: in Europa c’è «un caso Polonia»

Il Parlamento occupato, la polizia schierata, la folla davanti al palazzo presidenziale di Varsavia. «Libertà, uguaglianza», gridano i manifestanti. «Solidarietà». Era dai tempi del primo sindacato libero del blocco comunista, Solidarnosc, che in Polonia non si creava un movimento così compatto e combattivo per la democrazia. In migliaia si sono ritrovati, Costituzione alla mano, fra la residenza del presidente e la sede del Parlamento dove si consumava lo scontro politico più grave nella recente storia nazionale. Venerdì i deputati dell’opposizione hanno organizzato un sit-in nell’aula delle sedute plenarie impedendo alla maggioranza di votare la legge di bilancio del 2017. Per la prima volta dal 1989, lo Speaker della Camera ha quindi spostato la votazione in un’altra sala. All’alba di sabato, protetto dagli agenti, il corteo che trasportava la premier Beata Szydlo e il leader del partito di governo Jaroslaw Kaczynski ha superato lo sbarramento dei dimostranti.
Il sit-in era scattato dopo l’allontanamento di un deputato che aveva contestato il progetto governativo di ridurre l’accesso dei giornalisti al Parlamento. Il nuovo regolamento permetterà l’ingresso a un numero ristretto di reporter e consentirà solo a 5 tv selezionate di registrare i dibattiti. Per ora i pass sono temporaneamente sospesi.
Che succede in Polonia? La più grande economia dell’Europa centro-orientale, la sesta dell’intera Ue, il Paese dal quale nel 1989 si propagò l’onda di libertà fatale al regime e che si è imposto come un modello di transizione democratica e integrazione riuscita, oggi è lacerato da un conflitto istituzionale che si traduce in una spaccatura sempre più profonda tra città e zone rurali, centro e periferia, elettori della destra nazional-conservatrice di governo e oppositori liberal-europeisti marchiati come «traditori». Fedele al vecchio progetto di rifondazione politica e morale di una «Quarta Repubblica», il partito di Jaroslaw Kaczynski e della premier Szydlo è tornato al potere nel 2015. Da allora è entrato in rotta di collisione con la Corte costituzionale e con la stampa, procedendo con la riforma dell’istruzione e della legge sulla sicurezza che limita di fatto il diritto di manifestare ed è sotto monitoraggio a Bruxelles. Il tentativo di inasprire le norme sull’aborto si è scontrato con una mobilitazione senza precedenti. L’esecutivo ha mantenuto tuttavia consensi record (oggi al 35%) aumentando la spesa sociale per finanziare misure come gli assegni alle famiglie con molti figli (120 euro per ogni figlio dopo il secondo).
La protesta contro la nuova «dittatura» è coordinata da due partiti liberali – Piattaforma civica di Grzegorz Schetyna e Nowoczesna (Modernità) dell’economista Ryszard Petru – e dal Comitato per la difesa della democrazia KOD (ricorda il KOR, Comitato di Difesa degli Operai fondato dagli intellettuali dissidenti negli anni ’80). In Parlamento l’opposizione promette di presidiare l’aula fino al 20 dicembre. Il presidente Andrzej Duda si offre di mediare. Kaczynski propone di incontrare oggi i rappresentanti dell’informazione.