la Repubblica, 6 dicembre 2016
L’amaca di Michele Serra
RESTO dell’idea che della Costituzione importi nulla a una buona metà degli elettori del No; e che l’altra metà, quella alla quale la Costituzione sta molto a cuore, non abbia i numeri e le forze per fare niente più di quello che ha già fatto, e cioè far cadere il governo Renzi. Detta all’ingrosso, i due trenta per cento (inconciliabili tra loro) che hanno surclassato, sommandosi, il quaranta per cento di Sì, non assomigliano neanche lontanamente a una maggioranza politica. Li accomuna solo la legittima contentezza di avere finalmente mandato a casa, nel più democratico dei modi e in una tranquilla giornata elettorale – molto più tranquilla dell’esagitata immagine del Paese che danno ogni giorno quasi tutti i media – il detestato giovanotto toscano. Ora, per dirla in allegria, ci sarà da divertirsi. Perché ovviamente, nel vuoto politico, sarà il famigerato establishment a dirigere il gioco, con viva meraviglia di chi saluta il trionfo del No come sconfitta dell’establishment. Si spera che Mattarella non sia Napolitano-tris e cerchi la maniera di andare finalmente a votare, magari perfino con una legge elettorale scelta nel ricco bouquet disponibile. Nel frattempo le vedremo tutte: il ritorno trionfale di Berlusconi e D’Alema (nella categoria “Nuove proposte”), Salvini che trumpeggia, Grillo che sospende i vaffanculo per darsi un tono da statista. Quanto alla proposta di Micromega di un governo Rodotà-Zagrebelsky sono entusiasta, a patto che l’Economia vada a Rosa Luxemburg, la Cultura a Catullo e lo scudetto all’Inter.