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 1998  marzo 07 Sabato calendario

L’Italia di Sanremo. Cinquant’anni di canzoni

• In Italia, nel 1951 (anno di nascita del Festival di Sanremo), gli analfabeti erano quattro milioni, i diplomati e laureati tre milioni e mezzo. Un chilo di pasta costava 115 lire, un chilo di carne poco meno di mille, un litro di latte 70, un quotidiano 25.
• Alla prima edizione del Festival parteciparono 20 canzoni. Qualche titolo: Al mercato di Pizzighettone, La cicogna distratta, Grazie dei fiori. Quattro brani erano dedicati a Napoli e dintorni: Famme durmì, Mia cara Napoli, Oro di Napoli, Sorrentinella.
• Disoccupati in Italia nel ’54 (canzone vincitrice: Tutte le mamme): due milioni. Reddito medio pro capite: 258 mila lire. Automobili in circolazione: 690.728. Prezzo medio di un televisore da 14 pollici: 160 mila lire.
• Quando Nilla Pizzi fu esclusa dal cast del Festival (1955) un ”vendicatore di Vercelli” minacciò di gettare gatti affamati in platea: «Eppoi vediamo come ve la cavate, signori della Rai, con gatti in platea, cani sul palcoscenico e conigli seduti sulle poltrone». Non successe nulla.
• Nel ’62, a differenza dei due anni precedenti, i vestiti non furono offerti in prestito dagli organizzatori. Ogni artista li fece confezionare a proprie spese. Julia De Palma ne sfoggiò tre: il primo, lungo, blu, a guaina, con sciarpa di tulle dalle spalle alla caviglia e punto vita guarnito da una fibra di strass; il secondo, verde mela con ricami d’argento; il terzo, azzurro, decorato con topazi. Anche la Pizzi portò tre vestiti, di cui uno blu con fili d’argento e uno di tulle rosa pastello ricamato a mano. Le toilette delle due cantanti costarono in tutto un milione di lire (di allora).
• Nel ’61 Adriano Celentano, chiamato per il servizio militare, rischiò di non poter partecipare. Piero Vivarelli, uno degli autori del brano "Ventiquattromila baci", chiese un appuntamento all’allora ministro della Difesa Giulio Andreotti, che gli promise di interessarsi alla faccenda. Qualche giorno dopo la cameriera disse a Vivarelli che c’era un tale ”Andreotto” al telefono. Il ministro si era letto il regolamento militare che, risalendo agli anni Venti, limitava la partecipazione dei militari ai soli spettacoli teatrali o sportivi. Poiché l’importanza del Festival era soprattutto televisiva e poiché il regolamento non faceva cenno degli spettacoli televisivi (negli anni Venti non esistevano), Andreotti disse che Celentano poteva esibirsi a Sanremo.
• Il brano ”Tu piangi per niente” (1964) prevedeva due versioni, una per uomo e l’altra per donna. La prima: «A che serve questa luna, se poi piangi e non mi baci? Non far la stupida, non far la stupida, io voglio bene a te...». La seconda: «Ma non vedi questa luna, perdoniamoci coi baci, sarò una stupida, sarò una stupida, ma voglio bene a te!». Sia nella versione maschile che in quella femminile, la stupida è sempre lei.
• Reazioni di alcuni cantanti alla notizia che non avevano vinto il Festival del ’64. Milva, che in quel momento stava giocando alla roulette: «Ma no, davvero?» e dopo un primo momento in cui sembrò rattristarsi offrì ai suoi amici una bottiglia di champagne. Tony Renis bestemmiò continuando a ballare il ”surf” in un night del Casinò. Claudio Villa, avvertito per telefono mentre stava andando a dormire, canticchiò il ritornello della canzone di Modugno: «Che me ne importa a me...».
• Modo in cui Mike Bongiorno presentò il gruppo inglese degli Yardbirds nel ’66: «E ora, signore e signori, allegria! il turno di un complesso beat inglese. Sono gli Yardbirds, che vuol dire, pensate un po’, Gallinacci da cortile. Be’, certo che è uno strano nome. Ma sentiamo un po’ cosa ci cantano questi ... Gallinacci».
• Patty Pravo fu la prima ad apparire completamente nuda sulla copertina del suo album d’esordio, Streaking. Era il 1974.
• Nel ’79 Franco Fanigliulo fu costretto a cambiare, in un passo del brano ”A me mi piace vivere alla grande”, la frase ”foglie di cocaina” in ”foglie di candeggina”.
• Roberto Benigni, conduttore del Festival nel 1980, chiuse l’ultima serata dicendo: «Il prossimo anno farei cantare le stesse canzoni che avete appena ascoltato, affidandole ai partiti politici e ad alcuni uomini di spicco. I democristiani cantano: Solo noi. I comunisti: Gelosia. I radicali: Voglio l’erba voglio. Tanassi: Passerà. I repubblicani: Va’ pensiero. Infine Cossiga, con dedica al cugino Berlinguer: Tu mi manchi dentro».
• «Non disprezzate la cattiva musica. Il suo posto è nullo nella storia dell’arte, ma immenso nella storia sentimentale della società» (Marcel Proust).