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 1998  giugno 08 Lunedì calendario

La Coppa del Mondo di calcio 1998 (è alla sedicesima edizione, prima si chiamava Rimet) si svolgerà dal 10 giugno al 12 luglio in nove città francesi (Parigi, Lens, Nantes, Saint Etienne, Lione, Bordeaux, Marsiglia, Tolosa, Montpellier)

• La Coppa del Mondo di calcio 1998 (è alla sedicesima edizione, prima si chiamava Rimet) si svolgerà dal 10 giugno al 12 luglio in nove città francesi (Parigi, Lens, Nantes, Saint Etienne, Lione, Bordeaux, Marsiglia, Tolosa, Montpellier). Vi parteciperanno 32 squadre.
• Lo Stato e il Cfo (Comitato francese d’organizzazione) hanno speso circa 3 mila miliardi di lire per costruire stadi, stazioni ferroviarie, linee del metrò, autostrade. Dalla vendita dei biglietti verranno ricavati circa 400 miliardi (ai Paesi finalisti andrà il 35% degli incassi per la vendità, il 20% andrà alla Fifa, l’8% ai tour operator selezionati dagli organizzatori, il 7% agli sponsor), il marketing frutterà 230 miliardi.
• Il calcio è ormai una fabbrica di soldi paragonabile solo ad Hollywood. Il fatturato mondiale è stimato in 440 mila miliardi (all’incirca quanto Mitsubishi o General Motors). Del Piero, con Ronaldo il più forte giocatore del mondo, vale circa 70 miliardi (quanto un Boeing 737). Per la prima volta parteciperanno alla fase finale 32 squadre e saranno rappresentati tutti i continenti (esclusa l’Australia eliminata dall’Iran). Debutta il Giappone che con la Corea del Sud ospiterà i prossimi campionati del 2002. L’Asia, spinta dalle sponsorizzazioni, e l’Africa, motivata dai progressi tecnici dei suoi giocatori, sono continenti in cui la crescita dell’interesse verso il calcio è impressionante.
• Quasi tre miliardi di spettatori sparsi in tutto il mondo seguiranno le partite in tv. Gli spettatori che vedranno le partite allo stadio saranno circa due milioni e mezzo. I diritti tv per i mondiali di calcio 2002 e 2006 sono stati venduti per 4.145,4 miliardi di lire (per i giochi olimpici dal 1996 al 2008 ne sono bastati poco più della metà: 2.557,8): è probabile che le tv di tutto il mondo sfruttino i campionati che si svolgeranno tra quattro anni in Giappone e Corea del Sud per il lancio di pay tv e pay per view. La televisione però, a differenza di federazioni e società, già adesso guadagna con il calcio cifre di tutto rispetto: in media ogni rete spenderà 9 milioni di lire per la trasmissione di una partita. Una miseria: Tf1, ad esempio, incasserà per la pubblicità 18 miliardi a partita.
• Pubblicità. Il comitato organizzatore dei mondiali ha incassato 265 miliardi dagli sponsor (quattro anni fa furono meno della metà). Il merchandising dovrebbe fruttare 2.360 miliardi. Per avere i pannelli a fondo campo in ognuna delle 64 partite gli sponsor hanno dovuto sborsare una cifra fra 45 e 60 miliardi. La nazionale italiana vale 75 miliardi l’anno, 27 dagli sponsor, 48 dalla Rai.
• Adidas, Budweiser, Coca Cola, Canon, Fuji film, Gillette, Jvc, Mastercard, McDonald’s, Opel, Philips, Snickers hanno pagato oltre cinquanta miliardi di lire (30 milioni di dollari) per sponsorizzare la competizione. Il grande pubblico identifica come grande sponsor del mondiale solo la Coca Cola. Uno studio inglese ha scoperto che alla domanda «qual è lo sponsor del mondiale?» il 20% degli intervistati risponde Coca Cola, il 2,5% Mc Donald’s e Adidas, l’1 per cento Canon e Snickers.
• Merchandising. Intorno agli stadi si potranno comprare maglie col logo dei mondiali al prezzo di 129 franchi (circa 38.000 lire). Per 149 franchi (44.000 lire) saranno disponibili le casacche di Germania, Brasile e Olanda (quella dell’Italia costa 6.000 lire meno). I prezzi dei cappellini oscilleranno intorno ai 100 franchi (29.000 lire), così come le sciarpe. I distintivi dell squadre costeranno 50 franchi (10-15 mila lire). Nel mondo il merchandising mondiale fatturerà intoro ai 200 miliardi.
• Marketing. Intorno al calcio si combatte anche la guerra delle grandi marche d’abbigliamento sportivo (fatturato mondiale: 8.500 miliardi di lire). Adidas e Nike vestono da capo a piedi sei squadre nazionali ciascuna (la casa tedesca controlla il 36% del mercato europeo, la Nike è ferma al 16%, la terza azienda del settore, la Umbro, è molto più debole). L’Adidas è fornitore ufficiale della Fifa (la Federazione del calcio mondiale) dal 1970. La Nike, che non può utilizzare il marchio mondiale, ha aperto un mini parco a La Defense, moderno quartiere a est di Parigi, dove i visitatori potranno godersi il panorama della capitale e i più giovani potranno giocare con gli atleti sponsorizzati dalla società americana; Adidas ha risposto con l’Adidas Football Park, ai piedi della Torre Eiffel.
• Molte società di calcio sono tentate dall’idea di quotarsi in Borsa. In Italia lo ha fatto solo la Lazio. passato un mese dal collocamento, le azioni hanno perso il 2% del valore. Il calcio italiano è al vertice europeo e mondiale sul piano dei risultati sportivi e sopporta costi all’altezza di questo primato, ma non può ancora vantare ricavi adeguati. Il fatturato delle 18 società di Serie A è passato dagli 874 miliardi del ’96 ai 1.067 dell’anno scorso grazie all’allargamento dell’indotto: «I ricavi ai botteghini, infatti, aumentano solo del 5 per cento, mentre i proventi diversi - diritti tv e sponsorizzazioni - fanno un balzo del 35 per cento e rappresentano quasi i due terzi del totale. E tuttavia la perdita aggregata cresce da 53 a 86 miliardi. Anzi, in realtà la Serie A perde anche di più». Sarebbe a dire? «L’aggregato delle 18 società si giova di 195 miliardi di plusvalenze nette realizzate con la cessione dei giocatori: i guadagni fatti vendendo alle serie inferiori o all’estero sono reali, gli altri - quelli realizzati tra società di Serie A - andrebbero elisi in questo conto, ma non tutte le società danno ancora informazioni puntuali sulla singola transazione e dunque non può essere fatto questo calcolo». Non c’è speranza di profitto dunque? «Al contrario. In Deloitte abbiamo creato un modello con i costi e i flussi reddituali della società media di serie A italiana. Un’entità puramente virtuale, ma serve per dare un’idea. Abbiamo poi considerato quanto incidono nei conti del Manchester United (in Borsa da anni) e Newcastle (quasi una matricola) le diverse tipologie di ricavi (gare, merchandising, sponsorizzazioni, pubblicità, diritti tv, plusvalenze da cessioni) e abbiamo applicato i moltiplicatori che ne derivano alla società virtuale italiana. Risultato: quest’anno perderebbe ancora dieci miliardi, ma nel ’99 ne guadagnerebbe nove e nel Duemila addirittura 33. Applicando i multipli inglesi il valore di questa società media italiana sarebbe di 435 miliardi. Secondo il ”Sole 24 Ore”, la Lazio oggi ne capitalizza 270» (Antonio Marchesi di Deloitte & Touche).
• Quali sono gli obiettivi politici delle società di calcio italiane? «Contribuire alla revisione dello statuto federale, seguire l’avvio del Totoscommesse e del Totosei. Inoltre approfondire la ristrutturazione delle coppe, sperando in un campionato europeo che dia quella certezza di partecipazione e di numero di partite che oggi non c’è: un fatto che rende vulnerabile il bilancio dei club» (Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus).
• Dal luglio 1999 verranno liberalizzati i diritti per la tv in chiaro. Nell’81 valevano cinque miliardi per tre anni, oggi ne valgono 1.189. Pay tv e pay per view per il momento non hanno ottenuto in Italia un grande successo. In Inghilterra Bbc e Sky Tv hanno versato alla Premier League addirittura 2.100 miliardi. Il Manchester United, la società più ricca del mondo, sta studiando una pay per view con la quale trasmettere non solo le partite della squadra ma anche allenamenti, interviste, lezioni tattiche degli allenatori.
• In un futuro molto prossimo ci saranno partite tutti i giorni. Per il 2000, massimo 2001 è previsto il lancio di un campionato di calcio europeo riservato ai club di prestigio. A questa superlega dovrebbero aderire almeno sedici società: quattro italiane (Juve, Milan, Inter e Lazio), quattro inglesi, quattro tedesche, due francesi e due spagnole. Il sabato si giocherebbero i campionati nazionali, il venerdì la serie B. Il Coni ha in mente un progetto che prevede almeno due schedine a settimana.
• In Inghilterra ogni club è proprietario dello stadio (in genere non troppo grande, massimo 40 mila posti, sulle poltroncine di azionisti e abbonati c’è nome e cognome) e gestisce da solo la propria pubblicità. Il Manchester fattura 260 miliardi l’anno, la Juventus 150, il Milan 130, Inter e Parma 110. I proventi derivano per il 34 per cento dalla vendita dei biglietti (36 in media per le società italiane), 13 per cento dalle sponsorizzazioni (come in Italia), 14 dai diritti televisivi (39 in Italia), 39 dalla pubblicità e dal merchandising (14 in Italia).
• Tv e Lega: che succede in Italia? «Ci sono più possibilità: 1) che si trovi l’accordo economico per il rinnovo dei contratti di cessione dei diritti tv per i prossimi tre anni; 2) che la Lega si divida in due: una di A e una di B; 3) fare a meno della Lega, come succede nelle coppe; 4) ipotesi lontana ma da considerare, che alcuni club formino una realtà al di là del sistema sportivo nazionale, sul modello dell’Nba» (Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus).
• Vedremo presto un nuovo campionato di calcio italiano, magari organizzato da Murdoch della Fox o da Turner? Vedremo squadre trasferirsi da una città all’altra per inseguire più ricchi ”bacini d’utenza” e stadi costruiti gratis da comuni disposti a tutto pur d’attirare a sé una grande squadra? Nel gennaio di quest’anno tre grandi Network americani, Abc, Cbs e Fox si sono alleati ed hanno versato alla Nfl (la lega di football americano) 34.000 miliardi di lire per garantirsi i diritti sulla trasmissione delle partite domenicali dei prossimi quattro anni. Ted Turner, il fondatore della Cnn escluso dalla trattativa, convinto che «senza sport non esiste televisione» ha lanciato il progetto di una nuova lega ed ha trovato appoggio nella Nbc (altra grande esclusa). Anche nel mondo del calcio, di fronte all’impennata dei costi per la concessione dei diritti sulla trasmissione delle partite, è probabile che prima o poi qualche rete, o un pool di reti, decida di farsi in casa un campionato alternativo. Per portare a termine il suo progetto Turner avrebbe bisogno di almeno 12 squadre (circa 500 miliardi di lire l’anno), da investire in perdita prima che comincino ad arrivare i profitti (nella speranza che arrivino): «L’America mostra soltanto quello che altre nazioni tentano di camuffare. Questo è ”business”. Il resto, le botte allo stadio, le sudditanze, gli ultrà, le moviole, le passioni, sono soltanto il carburante che fa girare la macchina dei soldi. Non c’è nulla che leghi una squadra alla sua città che non sia il margine di profitto di chi la possiede».
• Turner (e quindi la Time Warner) sa che appoggiato dalla Nbc (e quindi dalla General Electric) potebbe costruire un campionato a basso costo. Abc, Cbs e Fox, dopo aver sborsato 34.000 per acquistare i diritti, dovranno farsi rimborsare con gli interessi dagli sponsor (Nike, Coca Cola, McDonald’s, Ford, GM, Reebok, Gatorade), ma poiché l’audience non cresce di pari passo con i costi, è possibile che prima o poi finiscano col preferire un campionato con meno pubblico ma prezzi in proporzione. Quando dal calcio professionistico italiano verranno eliminate le distorsioni indotte dalla presenza di una tv di Stato, è probabile che il nostro campionato segua l’esempio del football americano